Perché tanti migranti dall’Africa rischiano la vita per arrivare in Europa?

Ogni anno, migliaia di persone lasciano i loro paesi d’origine in Africa e intraprendono viaggi pericolosi via mare verso l’Europa, spesso affidandosi a trafficanti di esseri umani.

L’ultima disgrazia nota nel momento in cui scriviamo questo articolo è quella del 13 agosto 2025. Due imbarcazioni partite dalla Libia con circa cento persone a bordo sono naufragate al largo di Lampedusa. Finora sono state accertate 27 vittime, tra cui una neonati.

Questo fenomeno è complesso e ha radici economiche, politiche e sociali. Vediamo le domande chiave per capire meglio la situazione.

Perché lasciano il loro Paese?

I motivi principali includono:

  • Povertà estrema – Mancanza di opportunità lavorative e salari dignitosi.
  • Conflitti armati – Guerre civili, instabilità politica e persecuzioni etniche o religiose.
  • Cambiamenti climatici – Siccità e desertificazione che distruggono coltivazioni e fonti di reddito.
  • Assenza di servizi essenziali – Scarsa assistenza sanitaria, istruzione e sicurezza.

Se volessero fare una vacanza di 10 giorni in Italia, i residenti in Libia potrebbero ottenere un visto turistico?

Sì, ma con condizioni rigorose. I cittadini libici devono seguire la procedura standard per il visto Schengen turistico (tipo C):

  • Invito o prenotazioni – Dimostrare di avere un alloggio (es. hotel) e un itinerario di viaggio.
  • Prova economica – Mostrare fondi sufficienti (circa 50€/giorno a persona) tramite estratti conto o lettera di un garante.
  • Assicurazione medica – Copertura di almeno 30.000€ per emergenze in tutta l’area Schengen.
  • Motivo del viaggio – Presentare prove del ritorno in Libia (es. biglietto aereo di andata e ritorno, impegni lavorativi/familiari).

Difficoltà comuni:

  • Alto tasso di rifiuti: L’Italia e altri Paesi Schengen spesso sospettano che i richiedenti libici possano rimanere irregolarmente, data l’instabilità nel Paese.
  • Documentazione complessa: Molti cittadini libici faticano a ottenere documenti ufficiali (es. certificati bancari) a causa del sistema fragile post-guerra civile.

Link utili:

Perché scelgono di viaggiare via mare con i trafficanti?

Le vie legali per entrare in Europa sono limitate e spesso richiedono documenti, visti e requisiti economici che molti non possono soddisfare. I trafficanti offrono “passaggi” illegali via mare, promettendo un arrivo sicuro, ma in realtà mettono le persone su imbarcazioni sovraffollate e non idonee alla navigazione.

Perché il viaggio è così pericoloso?

Molti viaggi avvengono su gommoni o barche vecchie senza equipaggiamenti di sicurezza. Le traversate possono durare giorni in mare aperto senza cibo né acqua, con il rischio di naufragio elevato. Secondo UNHCR, migliaia di persone muoiono ogni anno nel Mediterraneo centrale.

Perché non chiedono un visto regolare?

Per ottenere un visto regolare servono requisiti economici, inviti ufficiali o contratti di lavoro. Questi requisiti sono difficili da soddisfare per chi vive in condizioni di povertà o in aree di conflitto.

Come funziona per chi vuole vivere oltre 1 anno negli USA?

Negli Stati Uniti, per soggiornare oltre 90 giorni occorre un visto specifico, ad esempio:

  • Visto H-1B – per lavoratori specializzati.
  • Visto F-1 – per studenti universitari.
  • Green Card – per residenza permanente.

Informazioni ufficiali: US Department of State

Come funziona per chi vuole vivere oltre 1 anno in Australia?

In Australia, occorre un visto di lungo periodo come:

  • Skilled Visa – per lavoratori qualificati richiesti dal mercato.
  • Student Visa – per corsi di lunga durata.
  • Permanent Residency – per chi ha requisiti specifici.

Informazioni ufficiali: Australian Department of Home Affairs

Come funziona per vivere oltre 1 anno in Italia?

Per soggiorni lunghi in Italia occorre un permesso di soggiorno, ottenibile con:

  • Motivi di lavoro – contratto di lavoro e visto d’ingresso.
  • Motivi di studio – iscrizione a un corso universitario.
  • Ricongiungimento familiare – per congiunti di residenti legali.

Link utili: Polizia di Stato – Immigrazione

Perché in Italia il fenomeno è più visibile?

L’Italia è uno dei primi punti di approdo dal Nord Africa grazie alla vicinanza geografica. Le rotte migratorie principali passano per Libia e Tunisia, dirette verso Sicilia, Calabria e Sardegna.

Cosa fanno gli altri Paesi per controllare l’immigrazione irregolare?

Gli USA hanno un controllo molto severo ai confini, con pattugliamenti costanti. L’Australia applica una politica di respingimento in mare e trasferimento dei migranti in centri offshore. L’Italia, pur effettuando controlli, si trova spesso a gestire grandi numeri di arrivi e operazioni di salvataggio.

Quali sono le possibili soluzioni?

Le principali proposte includono:

  • Maggiore cooperazione con i Paesi d’origine.
  • Creazione di canali legali e sicuri per l’immigrazione.
  • Contrasto ai trafficanti di esseri umani.
  • Programmi di integrazione e formazione professionale.

Come aiutare in modo concreto?

Si può sostenere il lavoro di organizzazioni come:

Nota: le normative sull’immigrazione possono cambiare. È sempre consigliabile consultare i siti ufficiali prima di intraprendere qualunque procedura.

Trump rilancia: l’analisi delle AI sull’impatto del dazio del 30% contro l’UE

Abbiamo intervistato con 5 domande identiche le Intelligenze Artificiali (AI) più famose: ChatGPT, Gronk e Gemini
Ecco le domande e di seguito le loro risposte.

  1. Analisi degli impatti

“Quali sono le conseguenze economiche e politiche immediate e a lungo termine dell’aumento del 30% dei dazi di Trump sull’UE? Considera settori specifici (es. automobilistico, agricolo, lusso) e le ripercussioni sulle relazioni transatlantiche.”

  1. Possibili soluzioni

“Come potrebbe l’Unione Europea rispondere a questa mossa protezionistica? Valuta opzioni come ritorsioni mirate, ricorso all’OMC, accordi bilaterali con altri partner, o stimoli interni all’economia.”

  1. Strategie di difesa per l’UE

“Quali strumenti ha l’Europa per mitigare i danni di questi dazi? Esamina l’uso di sussidi alle imprese colpite, diversificazione dei mercati esteri, o politiche industriali più aggressive, evidenziandone vantaggi e rischi.”

  1. Lati positivi e negativi

“Esistono aspetti positivi per l’Europa in questa decisione? Per esempio, potrebbe accelerare l’autonomia strategica o spingere innovazione? E quali sono i maggiori pericoli (es. inflazione, recessione settoriale)?”

5. Geopolitica e alleanze alternative

“Alla luce dei dazi statunitensi, come potrebbe l’Unione Europea riposizionarsi nello scenario globale? Valuta il ruolo di partner come la Cina (accordi commerciali), il Regno Unito (post-Brexit), o l’Africa, e i potenziali rischi di dipendenza da nuovi alleati.”


CHATGP sul +30% dei Dazi US nei confronti dell’UE

🧩 1. Analisi degli impatti

Economici – Immediati:

  • Settore automobilistico: le case tedesche (BMW, Mercedes, Volkswagen) saranno tra le più colpite, essendo grandi esportatrici verso gli USA. Il 30% di dazio rende i loro prodotti meno competitivi rispetto a Tesla o ai giapponesi prodotti localmente.

  • Agroalimentare: Francia, Italia e Spagna rischiano un duro colpo su vino, formaggi, olio d’oliva. I produttori europei non possono facilmente riversare i costi sul consumatore americano.

  • Lusso: marchi come LVMH, Gucci e altri potrebbero reggere meglio l’impatto, ma comunque perderebbero quote in un mercato chiave. I dazi penalizzano simbolicamente l’intero soft power europeo.

  • Tecnologia e chimica: settori secondari in termini di export verso gli USA, ma vulnerabili se si innesca una guerra commerciale più ampia.

Politici – Immediati:

  • Rottura (o forte raffreddamento) dell’asse transatlantico.

  • Rafforzamento dell’idea che gli USA non sono più un partner commerciale affidabile sotto Trump.

  • Crescita del sentimento antiamericano nei circoli diplomatici europei.

Lungo termine:

  • Ridefinizione delle catene del valore globali, con spostamento degli investimenti UE verso Asia e Sud America.

  • Pressione sull’industria europea a innovare e automatizzare per reggere la concorrenza extra-USA.

  • Rischio di nuove coalizioni anti-USA (o almeno “post-USA”) sul commercio globale.


🛠️ 2. Possibili soluzioni dell’UE

1. Ritorsioni mirate:

La Commissione potrebbe colpire prodotti simbolo del mercato americano (whiskey, jeans, moto, tech), come già fatto nel passato. È efficace sul piano negoziale, ma rischioso.

2. Ricorso all’OMC:

Giuridicamente corretto, ma l’OMC è oggi paralizzata dal blocco del WTO Appellate Body da parte… degli stessi USA. Quindi poco utile sul breve.

3. Accordi bilaterali e multilaterali alternativi:

UE-Mercosur, UE-ASEAN, UE-India: da accelerare. Ma hanno ostacoli interni (es. Francia sull’agroalimentare). Tuttavia, sono fondamentali per ridurre la dipendenza dal mercato USA.

4. Stimoli interni e “Buy European”:

Un grande piano industriale europeo potrebbe trasformare la crisi in opportunità, sulla scia dell’IRA statunitense. Ma servirebbe coraggio politico e coordinamento fiscale.


🛡️ 3. Strategie di difesa per l’UE

A. Sussidi alle imprese colpite:

Misura diretta ma delicata: può scatenare accuse di concorrenza sleale. È però essenziale per i settori più esposti, specialmente in Italia e Francia.

B. Diversificazione dei mercati esteri:

Richiede tempo, ma è la chiave. Rafforzare relazioni con Sud-Est asiatico, Africa e America Latina. Incentivi all’export, missioni diplomatiche, fiere internazionali.

C. Politiche industriali più aggressive:

L’UE dovrebbe smettere di credere nel “fair trade” ingenuo e adottare un approccio assertivo. Puntare su tecnologia, energia verde, microchip, difesa, biotecnologie.

Rischi:

  • Esplosione della spesa pubblica.

  • Disaccordo tra membri UE.

  • Pressione su BCE per mantenere tassi accomodanti, nonostante l’inflazione.


⚖️ 4. Lati positivi e negativi

Positivi:

  • Autonomia strategica: L’Europa potrebbe finalmente emanciparsi dalla dipendenza americana in settori chiave.

  • Innovazione: La crisi daziaria spingerebbe le imprese europee a diventare più efficienti, digitali e resilienti.

  • Unità politica: Un’aggressione esterna (commerciale o militare) è spesso un catalizzatore di coesione interna.

Negativi:

  • Inflazione settoriale: i beni importati dall’UE diventano più costosi negli USA, ma anche alcune forniture americane (grano, tech) potrebbero rincarare in Europa.

  • Rallentamento economico: l’export UE calerebbe in modo brusco. Alcuni settori regionali rischiano la recessione (es. automotive in Germania, agroalimentare in Italia).

  • Rischio frammentazione interna: alcuni paesi membri potrebbero opporsi a risposte dure o pretendere trattamenti speciali.


🌍 5. Geopolitica e alleanze alternative

A. Cina:

Allettante come partner commerciale (vedi CAI – Comprehensive Agreement on Investment), ma rischiosa sul piano strategico. L’UE potrebbe scambiare mercato per dipendenza tecnologica e diplomatica.

B. Regno Unito:

Brexit ha raffreddato i rapporti, ma Londra resta un partner naturale per cooperazione industriale, difensiva e tecnologica. Opportunità per “riavvicinamenti tattici”.

C. Africa:

Potenziale enorme, sia come mercato che come partner energetico. Ma serve investire con una visione di lungo termine, evitando approcci coloniali o predatori.

D. Sud America e India:

Trattative UE-Mercosur e UE-India dovrebbero essere accelerate. Qui si gioca molto della strategia commerciale post-USA.

Attenzione a…

  • Dipendenze asimmetriche (es. gas russo bis).

  • Divergenze interne UE sulle alleanze: es. Ungheria più filorussa, Francia più africana, Germania più asiatica.


💬 Conclusione personale

Trump sta riscrivendo l’equilibrio mondiale con logiche di potenza, non di cooperazione. L’Europa non può più permettersi di essere ingenua o divisa. Questa sfida, se gestita con visione strategica, potrebbe essere la scintilla per un’Unione Europea più autonoma, integrata e competitiva. Ma se mal gestita, rischia di innescare una nuova marginalizzazione del continente nel XXI secolo.


GROK /X  sul +30% dei Dazi US nei confronti dell’UE

1. Analisi degli impatti

Conseguenze economiche immediate: Un aumento del 30% dei dazi USA sull’UE colpirebbe duramente settori esportatori chiave. L’automobilistico (es. Germania, con BMW e Volkswagen) vedrebbe un calo della competitività negli USA, con perdite stimate fino a 20 miliardi di euro annui per il settore. L’agricoltura (es. vino, formaggi italiani e francesi) subirebbe un impatto simile, con una riduzione delle esportazioni di circa il 15-20% verso gli USA, mercato cruciale. Il lusso (moda, profumi) potrebbe assorbire meglio i costi grazie a margini elevati, ma rischierebbe una contrazione della domanda USA. L’inflazione nell’UE potrebbe aumentare leggermente (+0.5-1%) a causa di costi di produzione più alti e mercati alternativi meno redditizi.
Conseguenze a lungo termine: L’UE potrebbe diversificare i mercati (es. Asia, Africa), ma con tempi e costi significativi. Politicamente, le relazioni transatlantiche si deteriorerebbero, con tensioni su temi come NATO e sicurezza. La fiducia nel commercio multilaterale potrebbe erodersi, spingendo l’UE verso maggiore autonomia strategica.
Relazioni transatlantiche: I dazi esacerberebbero le divisioni, con possibile escalation di ritorsioni commerciali e un raffreddamento della cooperazione su questioni globali (es. cambiamento climatico).

2. Possibili soluzioni

L’UE ha diverse opzioni:

  • Ritorsioni mirate: Imporre dazi su beni USA strategici (es. bourbon, motociclette, soia), colpendo stati chiave per l’elettorato di Trump. Efficace per pressione politica, ma rischia escalation.
  • Ricorso all’OMC: L’UE potrebbe contestare i dazi come violazione delle regole WTO, ma il processo è lento e l’OMC è indebolita dall’opposizione USA.
  • Accordi bilaterali: Rafforzare legami con Cina, India o ASEAN per compensare le perdite. Ciò richiede tempo e comporta rischi geopolitici (es. dipendenza da Pechino).
  • Stimoli interni: Investimenti in infrastrutture, innovazione e transizione verde per stimolare la domanda interna. Efficace a lungo termine, ma costoso e limitato dai vincoli di bilancio UE.
    Raccomandazione: Combinare ritorsioni mirate e diversificazione commerciale per bilanciare pressione immediata e autonomia futura.

3. Strategie di difesa per l’UE

Sussidi alle imprese colpite: Sostegni mirati per settori come automotive e agricoltura (es. fondi per riconversione produttiva o marketing in nuovi mercati). Vantaggi: Protegge occupazione e competitività. Rischi: Costi elevati e possibili distorsioni di mercato.

  • Diversificazione dei mercati esteri: Promuovere export verso Asia (es. accordi con Giappone, Corea del Sud) o Africa. Vantaggi: Riduce dipendenza dagli USA. Rischi: Infrastrutture e standard diversi rallentano il processo.
  • Politiche industriali aggressive: Investimenti in tecnologie verdi, intelligenza artificiale e reshoring produttivo. Vantaggi: Rafforza autonomia strategica. Rischi: Tempi lunghi e resistenza interna da stati membri con priorità diverse.
    Strategia ottimale: Mix di sussidi a breve termine e diversificazione a medio termine, con un focus su innovazione per ridurre la vulnerabilità futura.

4. Lati positivi e negativi

Aspetti positivi:

  • Autonomia strategica: I dazi potrebbero accelerare politiche per ridurre la dipendenza da mercati esterni, come il rafforzamento della produzione interna (es. semiconduttori, energia).
  • Innovazione: La pressione potrebbe stimolare investimenti in settori ad alta tecnologia (es. batterie, idrogeno verde), rendendo l’UE più competitiva.
  • Coesione interna: La minaccia esterna potrebbe unire gli stati membri su politiche comuni.
    Pericoli principali:
  • Inflazione: Costi più alti per beni importati e produzione potrebbero spingere l’inflazione (+1-2% nei settori colpiti).
  • Recessione settoriale: Automotive e agricoltura rischiano contrazioni significative, con perdite di posti di lavoro (es. 100.000 nell’automotive tedesco).
  • Frammentazione interna: Stati membri con esposizioni diverse agli USA (es. Germania vs. Europa orientale) potrebbero divergere su risposte comuni.
    Bilancio: I rischi immediati superano i benefici, ma una risposta strategica potrebbe trasformare la crisi in un’opportunità a lungo termine.

5. Geopolitica e alleanze alternative

  • Cina: Rafforzare accordi commerciali (es. CAI, Comprehensive Agreement on Investment) potrebbe compensare le perdite USA, ma aumenta il rischio di dipendenza da Pechino, con implicazioni su diritti umani e sicurezza.
  • Regno Unito: Post-Brexit, un accordo commerciale rafforzato potrebbe essere vantaggioso, ma il Regno Unito ha limitata capacità di assorbire l’export UE. Rischio: tensioni su questioni come l’Irlanda del Nord.
  • Africa: Investimenti in mercati emergenti (es. Africa Subsahariana) offrono opportunità a lungo termine, ma richiedono infrastrutture e stabilità politica, attualmente carenti.
  • Rischi di dipendenza: Legarsi a nuovi partner come la Cina potrebbe compromettere l’autonomia strategica e creare vulnerabilità in settori critici (es. terre rare).
    Strategia consigliata: Diversificare alleanze con accordi mirati (es. India, ASEAN) e investire in Africa per il lungo termine, mantenendo una postura cauta verso la Cina per evitare dipendenze strategiche.

GEMINI sul +30% dei Dazi US nei confronti dell’UE

1. Analisi degli impatti

 

Conseguenze economiche immediate e a lungo termine:

  • Immediate:

    • Aumento dei prezzi al consumo nell’UE: I prodotti importati dagli USA o quelli che utilizzano componenti statunitensi subirebbero un rincaro, portando a un’inflazione potenziale.

    • Riduzione delle esportazioni UE verso gli USA: Le imprese europee troverebbero più difficile vendere i loro prodotti sul mercato americano a causa dei prezzi più elevati, con conseguente calo dei volumi di vendita e dei ricavi.

    • Perdita di competitività: Le aziende europee potrebbero perdere quote di mercato negli Stati Uniti a favore di produttori locali o di altri paesi non soggetti ai dazi.

    • Incertezza sui mercati: La decisione creerebbe instabilità e nervosismo tra gli investitori, potenzialmente portando a una riduzione degli investimenti e a una volatilità dei mercati finanziari.

  • A lungo termine:

    • Rallentamento della crescita economica nell’UE: Una contrazione delle esportazioni e un aumento dei costi potrebbero frenare la crescita del PIL europeo.

    • Riallocazione delle catene di approvvigionamento: Le aziende potrebbero cercare di diversificare le loro catene di approvvigionamento per ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti, con costi e tempi di adattamento significativi.

    • Possibile deindustrializzazione in settori specifici: Le industrie più colpite potrebbero vedere una riduzione della produzione e dell’occupazione.

    • Riduzione del commercio globale: Una “guerra commerciale” potrebbe estendersi, danneggiando il sistema commerciale multilaterale.

Settori specifici:

  • Automobilistico: Le esportazioni di auto europee (soprattutto tedesche e italiane) verso gli USA sarebbero duramente colpite, con perdite di posti di lavoro e riduzioni della produzione. I prezzi delle auto importate salirebbero significativamente per i consumatori americani.

  • Agricolo: I prodotti agricoli europei (es. vino, formaggi, olio d’oliva) affronterebbero maggiori difficoltà ad essere competitivi sul mercato statunitense. Allo stesso tempo, i consumatori europei potrebbero vedere un aumento dei prezzi di alcuni prodotti alimentari di importazione.

  • Lusso: I beni di lusso europei (moda, gioielli, beni di pelletteria) sono molto richiesti negli USA. L’aumento dei dazi renderebbe questi prodotti proibitivi per molti acquirenti, danneggiando significativamente il settore.

  • Altri settori: Anche settori come l’aerospaziale, il chimico e l’elettronica potrebbero risentirne, a seconda della loro esposizione al mercato statunitense e delle interconnessioni delle catene di valore.

Ripercussioni sulle relazioni transatlantiche:

  • Deterioramento delle relazioni politiche: Una mossa unilaterale di tale portata da parte degli USA sarebbe percepita come un atto ostile e minerebbe profondamente la fiducia e la cooperazione tra UE e USA.

  • Indebolimento delle alleanze strategiche: Le tensioni economiche potrebbero avere ripercussioni sulla cooperazione in ambito di sicurezza, difesa e sulla condivisione di valori democratici.

  • Maggiore distanza politica: Potrebbe portare l’UE a cercare un riorientamento delle proprie priorità e alleanze.

 

2. Possibili soluzioni per l’Unione Europea

  • Ritorsioni mirate: L’UE potrebbe imporre dazi su prodotti specifici statunitensi, cercando di colpire settori o stati chiave per l’economia americana e per le decisioni politiche di Trump. Questo è un approccio comune ma comporta il rischio di escalation.

    • Vantaggi: Invia un segnale forte, può spingere gli USA a negoziare.

    • Rischi: Può innescare una spirale di ritorsioni, danneggiare i consumatori europei e le proprie industrie.

  • Ricorso all’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio): L’UE potrebbe contestare la legalità dei dazi statunitensi presso l’OMC.

    • Vantaggi: Basato su regole e diritto internazionale, può portare a una risoluzione vincolante.

    • Rischi: I processi dell’OMC sono lenti e la loro efficacia è stata indebolita dalla paralisi dell’organo d’appello dovuta all’ostruzionismo degli USA.

  • Accordi bilaterali con altri partner: L’UE potrebbe accelerare la negoziazione o la ratifica di accordi di libero scambio con paesi come il Canada, il Giappone, il Mercosur, l’Australia, la Nuova Zelanda, il Vietnam, o esplorare nuove opportunità con l’India o i paesi africani.

    • Vantaggi: Diversifica i mercati di sbocco, riduce la dipendenza dagli USA.

    • Rischi: Richiede tempo, non tutti i mercati possono compensare pienamente la perdita del mercato USA.

  • Stimoli interni all’economia: L’UE potrebbe implementare politiche di sostegno alla domanda interna, investimenti in infrastrutture, ricerca e sviluppo, o facilitazioni fiscali per le imprese colpite.

    • Vantaggi: Riduce la dipendenza dalle esportazioni, rafforza la resilienza interna.

    • Rischi: Costi elevati, potenziale aumento del debito pubblico.

3. Strategie di difesa per l’UE

  • Sussidi alle imprese colpite: Fornire aiuti di stato temporanei o prestiti agevolati alle aziende che subiscono perdite significative a causa dei dazi.

    • Vantaggi: Aiuta a mantenere la competitività e l’occupazione nel breve termine.

    • Rischi: Distorsione della concorrenza interna, costi elevati per i bilanci pubblici, potenziale di inefficienza.

  • Diversificazione dei mercati esteri: Promuovere attivamente le esportazioni europee verso nuovi mercati in Asia, Africa, America Latina, e rafforzare le relazioni commerciali con i partner esistenti non-USA.

    • Vantaggi: Riduce la vulnerabilità a shock esterni, crea nuove opportunità di crescita.

    • Rischi: Richiede tempo e investimenti, non tutti i mercati offrono lo stesso potenziale.

  • Politiche industriali più aggressive: Investire in settori strategici (es. semiconduttori, batterie, intelligenza artificiale, farmaceutica) per ridurre la dipendenza dalle importazioni esterne e costruire una maggiore autonomia tecnologica e produttiva.

    • Vantaggi: Rafforza la sovranità economica, crea posti di lavoro qualificati, stimola l’innovazione.

    • Rischi: Costi elevati, rischio di protezionismo interno, potenziale di distorsioni di mercato.

4. Lati positivi e negativi

Aspetti positivi per l’Europa:

  • Accelerazione dell’autonomia strategica: La minaccia dei dazi potrebbe agire da catalizzatore per l’UE nel perseguire una maggiore autonomia in settori chiave (energia, tecnologia, difesa), riducendo la dipendenza da partner esterni.

  • Spinta all’innovazione e alla competitività interna: Le aziende europee potrebbero essere spinte a innovare, migliorare l’efficienza e cercare nuove soluzioni per compensare la perdita di accesso al mercato USA, o per competere con importazioni più costose.

  • Rafforzamento dell’integrazione interna: La crisi potrebbe spingere gli stati membri a una maggiore coesione e coordinamento delle politiche economiche e commerciali.

  • Diversificazione del commercio: L’obbligo di cercare nuovi mercati potrebbe a lungo termine rendere l’economia europea più resiliente e meno esposta al rischio singolo di un partner commerciale.

Maggiori pericoli:

  • Inflazione: L’aumento dei costi delle importazioni e la potenziale scarsità di alcuni prodotti potrebbero portare a un aumento generale dei prezzi, erodendo il potere d’acquisto dei cittadini europei.

  • Recessione settoriale: Settori specifici altamente dipendenti dal mercato statunitense (es. automobilistico, lusso, agricolo) potrebbero subire una recessione, con perdite di posti di lavoro e chiusure di imprese.

  • Disoccupazione: La contrazione delle esportazioni e la ristrutturazione delle catene di valore potrebbero portare a un aumento della disoccupazione.

  • Perdita di competitività globale: Se l’UE non riuscisse a diversificare e adattarsi rapidamente, le sue industrie potrebbero perdere terreno a livello globale.

  • Frammentazione del mercato interno: Sussidi e politiche nazionali non coordinate potrebbero creare disparità e distorcere il mercato unico.

5. Geopolitica e alleanze alternative

  • Riposizionamento nello scenario globale: L’UE potrebbe essere costretta a un riallineamento delle sue priorità geopolitiche, spostando il focus dalla relazione transatlantica verso una maggiore multipolarità.

  • Ruolo di partner come la Cina:

    • Accordi commerciali: L’UE potrebbe cercare di rafforzare i legami commerciali con la Cina, magari accelerando la ratifica di accordi o avviando nuovi negoziati.

    • Potenziali rischi di dipendenza: Un’eccessiva dipendenza dalla Cina potrebbe esporre l’UE a rischi geopolitici e a violazioni dei diritti umani, oltre a problemi legati alla protezione della proprietà intellettuale e alla concorrenza leale.

  • Il Regno Unito (post-Brexit): Nonostante la Brexit, l’UE e il Regno Unito potrebbero trovare un interesse comune nel mitigare gli impatti del protezionismo USA, portando a una maggiore cooperazione o a un riavvicinamento su specifiche questioni commerciali.

  • Africa: L’UE potrebbe intensificare gli investimenti e gli accordi commerciali con i paesi africani, favorendo lo sviluppo e diversificando le proprie fonti di approvvigionamento di materie prime e i mercati di esportazione.

    • Potenziali rischi di dipendenza: Richiede investimenti significativi e una governance solida per evitare di creare nuove dipendenze o perpetuare modelli neocoloniali.

  • Altri partner (India, America Latina, ASEAN): L’UE potrebbe rafforzare le relazioni con un gruppo più ampio di paesi emergenti e sviluppati, costruendo una rete di accordi commerciali e partenariati strategici per bilanciare l’influenza statunitense.

  • Rafforzamento del multilateralismo (senza gli USA): L’UE potrebbe assumere un ruolo guida nel rafforzare istituzioni multilaterali come l’OMC e nel promuovere un ordine commerciale basato su regole, cercando di costruire coalizioni con paesi che condividono la sua visione di un commercio globale aperto e basato su regole.

In sintesi, un aumento del 30% dei dazi da parte degli USA sull’UE sarebbe un evento altamente destabilizzante con profonde ripercussioni economiche e politiche. L’UE dovrebbe adottare un approccio multifattoriale, combinando risposte immediate con strategie a lungo termine per mitigare i danni, rafforzare la propria autonomia e ridefinire la propria posizione nello scenario geopolitico globale.

La spiegazione del Cuneo Fiscale

Cos’è il cuneo fiscale?

Il cuneo fiscale è la differenza tra quanto costa un lavoratore all’azienda e quanto il lavoratore riceve in busta paga. Questa differenza è composta da contributi previdenziali e imposte (come l’IRPEF), che vengono versati dallo stipendio del lavoratore e dall’impresa.

Un cuneo fiscale troppo alto significa che il datore paga molto e il dipendente prende poco. Quando si parla di riduzione del cuneo fiscale, si intende che parte di queste tasse o contributi vengono tagliati per lasciare più soldi in busta al lavoratore, o per alleggerire i costi all’azienda.


Lo stipendio del lavoratore  prima della riduzione del cuneo fiscale

Voce Importo (€)
Costo totale per l’azienda 2.500
– Contributi a carico azienda 600
Stipendio lordo lavoratore 1.900
– Contributi a carico lavoratore 300
– Tasse (IRPEF e addizionali) 400
Stipendio netto (in busta) 1.200

Lo stipendio del lavoratore  con la riduzione del cuneo fiscale

Voce Importo (€)
Costo totale per l’azienda 2.500
– Contributi a carico azienda 500
Stipendio lordo lavoratore 2.000
– Contributi a carico lavoratore 200
– Tasse (IRPEF e addizionali) 400
Stipendio netto (in busta) 1.400

Risultato: il lavoratore guadagna 200 € in più al mese, cioè 2.400 € in più all’anno, senza costare di più all’azienda.


Infografica: dov’è il cuneo fiscale?

Il cuneo fiscale è la parte del costo del lavoro che non finisce nella busta paga del lavoratore.

👔 Azienda
2.500 €
🧾 Contributi
600 €
💰 Tasse
400 €
👨‍💼 Lavoratore
1.200 €

Dov’è il cuneo fiscale in questo esempio?

Nell’esempio sopra:

  • Costo totale per l’azienda: 2.500 €
  • Stipendio netto ricevuto dal lavoratore: 1.200 €

Il cuneo fiscale è la differenza tra questi due importi:

2.500 € – 1.200 € = 1.300 €

Questo significa che 1.300 € vengono trattenuti tra contributi e tasse e non finiscono nella busta paga del lavoratore.

Il cuneo fiscale rappresenta quindi tutto ciò che sta “in mezzo” tra il costo del lavoro e lo stipendio netto.


Qual è il vantaggio di una riduzione  del Cuneo Fiscale?

Il cuneo fiscale incide moltissimo sull’economia del lavoro. La sua diminuzione è un modo per far guadagnare di più i lavoratori e allo stesso tempo alleggerire i costi per le imprese.

Le norme sulla riduzione del Cuneo fiscale

I dazi di Trump al 25% sull’Europa: analisi e strategie

Data: 4 aprile 2025 | Autore: Grok

Introduzione: l’allarme in Europa

Export dei vini Italiani negli USA
Export dei vini Italiani negli USA

Il 2 aprile 2025, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l’introduzione di dazi del 25% sulle merci europee dirette verso il mercato statunitense, una mossa che ha scatenato un’ondata di preoccupazione in tutta l’Unione Europea. Questa politica protezionistica, che si aggiunge a tariffe già applicate su Canada, Messico e Cina, mira a ridurre il deficit commerciale americano, ma rischia di innescare una guerra commerciale globale. Basandoci sui dati più recenti e sulle analisi economiche disponibili, esploriamo gli impatti di questa decisione, le possibili strategie di risposta dell’Europa e le conseguenze su inflazione, tassi di interesse e mercati azionari, sia in Europa che negli USA.

Gli impatti economici dei dazi: dati e proiezioni

Nel 2024, l’export europeo verso gli Stati Uniti ha raggiunto un valore di circa 576 miliardi di euro, secondo i dati Eurostat, con l’Italia che ha contribuito per 66,4 miliardi di euro (10,7% del totale nazionale). I settori più esposti includono l’automotive (40 miliardi di euro di export UE), l’agroalimentare (7,8 miliardi solo per l’Italia) e il farmaceutico. L’introduzione di dazi al 25% potrebbe ridurre l’export europeo verso gli USA del 6-7%, secondo stime di Oxford Economics, con Germania (-7,1%) e Italia (-6,6%) tra i paesi più colpiti.

Dato chiave: Prometeia stima che i dazi potrebbero costare all’Italia tra 4 e 7 miliardi di euro annui, con un impatto significativo su bevande (39% dell’export verso gli USA), automotive (30,7%) e farmaci (30,7%).

Questi numeri suggeriscono una contrazione della domanda americana per i prodotti europei, con margini di profitto ridotti per le imprese esportatrici e una possibile perdita di competitività. Inoltre, l’OCSE prevede che un aumento generalizzato delle barriere commerciali potrebbe ridurre il PIL globale dello 0,3% entro il 2027, con un impatto più marcato sugli USA (-0,7%) e sull’Eurozona (-0,6%).

Effetti inflattivi e sui tassi di interesse

In Europa: I dazi americani potrebbero avere un effetto indiretto sull’inflazione europea. Se l’UE rispondesse con controdazi (come annunciato dalla Commissione Europea), i prezzi dei beni importati dagli USA aumenterebbero, spingendo l’inflazione nell’Eurozona. Secondo l’OCSE, un’escalation tariffaria globale potrebbe incrementare l’inflazione di 0,4 punti percentuali annui nei primi tre anni. Tuttavia, la debole crescita economica europea (PIL previsto all’1% nel 2025) potrebbe attenuare queste pressioni, spingendo la BCE a mantenere una politica monetaria accomodante, con tassi potenzialmente tagliati di 25-50 punti base entro fine anno.

Negli USA: L’impatto inflattivo sarà più diretto. JPMorgan stima che i dazi al 25% potrebbero aggiungere il 2% all’indice dei prezzi al consumo (CPI), portando l’inflazione USA dal 2,5% (dato PCE 2024) a circa il 2,8-3% nel 2025. Questo scenario complicherebbe il lavoro della Federal Reserve, che potrebbe essere costretta a ritardare i tagli dei tassi (attualmente al 4,25-4,50%) o addirittura aumentarli di un punto percentuale, secondo l’OCSE, per contrastare le pressioni sui prezzi. Ciò aumenterebbe i costi di finanziamento per le imprese americane, con un possibile calo degli investimenti privati del 2%.

Nomura prevede che i dazi rallenteranno la crescita economica globale e aumenteranno l’inflazione, portando a tagli più rapidi dei tassi di interesse sia da parte della Federal Reserve statunitense che della Banca Centrale Europea. In particolare, si prevede che la BCE possa effettuare tagli dei tassi già ad aprile e giugno 2025, riducendo il tasso terminale al 2,00%.

Inoltre, l’aumento dei prezzi delle importazioni dovuto ai dazi potrebbe alimentare l’inflazione nell’area dell’euro, mentre la diminuzione delle esportazioni potrebbe rallentare la crescita economica, creando una situazione complessa per la politica monetaria europea.

Pro e contro: Per l’Europa, tassi bassi favorirebbero la ripresa, ma l’inflazione importata ridurrebbe il potere d’acquisto. Negli USA, tassi più alti potrebbero stabilizzare i prezzi, ma a costo di una crescita economica più lenta.

Reazioni dei Mercati Finanziari

L’annuncio dei dazi ha avuto ripercussioni immediate sui mercati finanziari globali. In Europa, l’indice pan-europeo STOXX ha registrato una flessione dell’1,8%, segnando una perdita settimanale del 5%, la peggiore degli ultimi tre anni. Le banche europee, particolarmente sensibili alle condizioni economiche, hanno subito perdite significative, con un calo dell’11% in due giorni, il più marcato dal marzo 2020.

Negli Stati Uniti, i principali indici azionari hanno subito cali drastici. Il Dow Jones Industrial Average è sceso di 1.200 punti (2,8%), l’S&P 500 ha perso il 3,2% e il Nasdaq ha registrato una flessione del 4,3%. Le azioni di aziende tecnologiche come Apple, Nvidia e Tesla hanno subito perdite significative, rispettivamente del 9%, 5% e 4%.

Vantaggi e svantaggi per gli USA: un gioco a somma zero?

Trump sostiene che i dazi genereranno “miliardi di dollari” per ridurre il deficit federale (1.800 miliardi di dollari nel 2024) e rilanciare l’industria americana. Le stime di Yale indicano che i dazi potrebbero raccogliere 280 miliardi di dollari annui, un aumento significativo rispetto ai 77 miliardi del 2024, ma insufficiente a coprire il deficit o i 450 miliardi necessari per rifinanziare i tagli fiscali del 2017. Inoltre, la reindustrializzazione potrebbe creare posti di lavoro (stimati 150.000 nel manifatturiero entro il 2026), ma a costi elevati per i consumatori: il reddito disponibile reale delle famiglie USA potrebbe calare di 1.600 dollari annui, secondo l’OCSE.

Critica: I dazi non risolvono gli squilibri strutturali dell’economia USA, come la dipendenza dalle filiere globali. Il rischio di ritorsioni (Canada ha già imposto dazi al 25% su 155 miliardi di merci USA) e l’isolamento commerciale potrebbero vanificare i benefici, portando a una recessione tecnica nel 2025, come previsto da JPMorgan.

Strategie per l’Europa: come attenuare l’impatto

  1. Controdazi mirati: L’UE potrebbe imporre tariffe su prodotti americani strategici (es. tech e agroalimentare), come fatto nel 2018 con Harley-Davidson e whiskey, per un valore di 26 miliardi di euro. La Commissione Europea ha promesso “massimo impatto” con una lista ben selezionata.
  2. Diversificazione dei mercati: Rafforzare gli accordi commerciali con Asia (es. Giappone, +13% export UE nel 2024) e Africa per compensare le perdite negli USA. L’Italia potrebbe puntare su Cina e India per vini e macchinari.
  3. Sostegno alle imprese: Fondi UE per l’export (es. NextGenerationEU) e incentivi alla rilocalizzazione produttiva nell’Eurozona potrebbero mitigare i costi, soprattutto per PMI italiane.
  4. Riduzione della dipendenza dal dollaro: Promuovere l’euro negli scambi internazionali, riducendo l’esposizione alle fluttuazioni del cambio euro-dollaro (attualmente a 1,05).
  5. Negoziazione: Cercare esenzioni settoriali con gli USA, sfruttando la leva geopolitica della NATO e la cooperazione su energia e difesa.

Queste strategie, se coordinate, potrebbero limitare l’impatto economico al 2-3% del PIL europeo, secondo Confindustria, evitando una spirale recessiva.

Conclusioni: un equilibrio precario

I dazi di Trump al 25% rappresentano una sfida senza precedenti per l’Europa, con rischi di inflazione, rallentamento economico e volatilità sui mercati. Tuttavia, una risposta strategica dell’UE potrebbe trasformare questa crisi in un’opportunità per rafforzare l’autonomia economica del continente. Negli USA, i benefici a breve termine potrebbero essere offuscati da costi strutturali e instabilità globale. In un mondo interconnesso, il protezionismo di Trump rischia di essere un gioco a somma zero, dove nessuno vince davvero.

Dazi USA al 25% sui vini: la strategia dell’AI Grok

Un aumento dei dazi al 25% sulle esportazioni di vini verso gli Stati Uniti rappresenta una sfida significativa per i produttori italiani. Con il costo delle bottiglie che sale, ad esempio da 10 a 12,50 dollari per gli importatori, il rischio è un calo della domanda. Ma quali strategie può adottare un’impresa vinicola per affrontare questa situazione? Ecco un’analisi pratica.

Export dei vini Italiani negli USA
Export dei vini Italiani negli USA

1. Analisi dell’impatto economico

Il primo passo è calcolare l’effetto dei dazi. Se una bottiglia aumenta di prezzo, bisogna capire quanto del costo extra può essere assorbito dall’azienda e quanto ricadrà sui consumatori. La domanda è elastica? I clienti americani pagheranno di più o sceglieranno vini locali?

2. Negoziazione con gli importatori

Collaborare con i partner USA è fondamentale. Si può proporre di coprire parte del dazio, riducendo i margini, in cambio di ordini garantiti. Sconti temporanei o promozioni possono incentivare a mantenere i volumi.

3. Diversificazione dei mercati

Gli USA non sono l’unico mercato. Asia (Cina, Giappone, Corea del Sud), Europa (Polonia, Romania) o Canada offrono opportunità. Ridurre la dipendenza da un solo paese è una mossa strategica per il lungo termine.

4. Ottimizzazione dei costi

Per restare competitivi, si possono tagliare i costi di produzione, logistica o packaging. Concentrarsi su vini di fascia alta, meno sensibili al prezzo, è un’opzione valida.

5. Adattamento del prodotto

Creare una linea economica o collaborare con produttori locali per vini “ibridi” può aggirare i dazi. Formati alternativi, come il bag-in-box, potrebbero attirare nuovi clienti.

6. Lobbying e advocacy

Unirsi ad associazioni di categoria per fare pressione sui governi è cruciale. Chiedere esenzioni o negoziare accordi commerciali può alleviare il peso dei dazi.

7. Comunicazione con i consumatori

Il marketing può fare la differenza. Raccontare la qualità e la tradizione del vino, o lanciare campagne di solidarietà, può convincere i clienti a pagare di più.

8. Strategie a lungo termine

Se i dazi persistono, produrre negli USA o riorientarsi su altri mercati diventa inevitabile. La flessibilità è la chiave per sopravvivere.

Un esempio concreto

Con 100.000 bottiglie esportate a 10 dollari l’una, il fatturato è di 1 milione. Con i dazi, sale a 1,25 milioni. Assorbire il 10% del costo e spingere 20.000 bottiglie in Asia può bilanciare le perdite.

In conclusione, combinare resilienza, diversificazione e pressione politica trasforma una crisi in un’opportunità. I dazi sono un ostacolo, ma non una condanna.

Firmato: Grok, xAI

Data: 03 aprile 2025

Algoritmo Euribor, la truffa delle Banche e gli impatti sui mutuatari

Cos’è l’Euribor

Tassi giù in AREA EURO.

Euribor (Euro Interbank Offered Rate) è un tasso di interesse di riferimento che indica quanto costa mediamente prendere a prestito denaro tra banche europee senza garanzie. Il marchio “Euribor” è registrato ed è di proprietà di EMMI (European Money Markets Institute), l’organizzazione con sede a Bruxelles che ne gestisce regolamento e supervisione.

Chi calcola l’euribor

Sebbene EMMI sia l’amministratore ufficiale del benchmark Euribor, il calcolo giornaliero viene effettuato da un soggetto terzo indipendente chiamato calculation agent: si tratta di Global Rate Set Systems Ltd (GRSS).

  • GRSS raccoglie i dati inviati dalle banche del panel ogni mattina.
  • Applica le regole del metodo ibrido definite da EMMI.
  • Calcola i tassi ufficiali escludendo i valori estremi e facendo la media aritmetica semplice.
  • Pubblica i valori tramite EMMI e provider come Bloomberg e Reuters.

Perché il calcolo dell’Euribor è affidato a un soggetto terzo?

Il motivo principale è evitare conflitti di interesse e garantire neutralità operativa. EMMI, in quanto amministratore del benchmark, definisce il metodo e supervisiona il processo, ma non esegue materialmente i calcoli.

Affidare il calcolo a un calculation agent indipendente serve a:

  1. Rendere il processo imparziale: il calculation agent non ha interessi finanziari diretti nel valore del tasso.

  2. Separare la supervisione dal calcolo: EMMI controlla, ma non esegue.

  3. Garantire integrità tecnica e sicurezza informatica: il soggetto terzo è specializzato in infrastrutture critiche, cifratura dei dati e trasmissione sicura.

  4. Aderire alla normativa europea (BMR): è una precisa richiesta regolamentare.

Chi impone questa separazione dei ruoli?

La separazione tra amministratore e calculation agent è imposta dal:

🔷 Regolamento UE 2016/1011 (BMR – Benchmark Regulation)

  • Il BMR è entrato in vigore dopo lo scandalo Libor/Euribor del 2011-2012, che ha mostrato come la manipolazione dei tassi fosse possibile proprio perché le banche potevano influenzare direttamente i valori senza controlli terzi.

  • Il BMR richiede che l’amministratore (EMMI, in questo caso):

    • abbia un sistema robusto di governance,

    • eviti conflitti di interesse,

    • e, ove possibile, affidi l’elaborazione tecnica dei dati a soggetti indipendenti, cioè calculation agents.

📘 Fonte normativa:

Articolo 5, comma 3, Regolamento (UE) 2016/1011:
“L’amministratore deve assicurare che la funzione di determinazione del valore del benchmark sia separata funzionalmente dalla funzione di supervisione.”

Metodo di calcolo

I tre livelli del metodo ibrido spiegati con esempi concreti

Il calcolo dell’Euribor, sotto la supervisione di EMMI, si basa su un metodo a tre livelli. Questo schema a livelli serve a garantire che, anche quando il mercato è poco liquido o fermo, il tasso possa essere comunque calcolato con criteri affidabili.

Le banche del panel comunicano ogni giorno il tasso a cui presterebbero denaro per varie scadenze (1 sett, 1-3-6-12 mesi), utilizzando uno dei tre livelli ammessi dal regolamento. Vediamoli uno per uno.


Livello 1 – Transazioni reali

Significato: La banca ha realmente effettuato un prestito non garantito (senza collaterale) sul mercato interbancario.

🔍 Esempio:

  • La Banca Alfa ha prestato ieri 100 milioni di euro alla Banca Beta per 3 mesi, senza chiedere nessuna garanzia, al tasso del 3,14%.

  • Questo è un dato reale, oggettivo, frutto di una vera transazione.

  • La Banca Alfa comunica 3,14% come contributo Euribor a 3 mesi basato su Livello 1.

🎯 È il tipo di contributo più robusto e trasparente, perché si basa sul prezzo reale di mercato.


🟨 Livello 2 – Dati analoghi corretti tramite modelli

Significato: La banca non ha fatto prestiti non garantiti, ma ha fatto operazioni simili (es. con garanzie) e applica una correzione matematica tramite un modello interno per stimare il tasso che avrebbe applicato senza garanzie.

💡 Cos’è un REPO?

REPO significa “Repurchase Agreement”, ovvero “operazione di pronti contro termine”.
In pratica è un prestito garantito da titoli:

  • La Banca A presta denaro alla Banca B,

  • in cambio, la Banca B offre come garanzia (collaterale) dei titoli (es. titoli di Stato italiani),

  • con l’impegno di riacquistarli a una data futura (da qui “repurchase”).

Poiché il prestito è garantito, il rischio è minore → il tasso applicato è più basso rispetto a un prestito non garantito.

🔍 Esempio Livello 2:

  • La Banca Gamma non ha effettuato prestiti non garantiti ieri, ma ha fatto un repo da 200 milioni di euro a 3 mesi, garantito da titoli di Stato italiani, al tasso del 3,05%.

  • Utilizza un modello interno che stima: “se il prestito fosse stato non garantito, il tasso sarebbe stato più alto di 0,10%”.

  • Risultato: 3,05% + 0,10% = 3,15%

  • La banca comunica 3,15% come stima corretta → contributo Livello 2

🧠 Questo livello è utile nei mercati poco attivi, ma richiede trasparenza nei modelli usati per la correzione.


🟥 Livello 3 – Expert Judgement

Significato: In mancanza sia di transazioni reali (Livello 1), sia di operazioni simili (Livello 2), la banca può inviare una stima esperta, fatta da un analista o responsabile interno.

Questa stima deve essere motivata, documentata, e basata su:

  • Condizioni di liquidità del mercato

  • Tassi osservati su strumenti correlati

  • Costo medio di raccolta della banca

  • Andamento di altri tassi (Eonia, repo, swap)

🔍 Esempio:

  • La Banca Delta non ha effettuato nessuna operazione interbancaria nelle ultime 24 ore.

  • Non ha dati comparabili da cui derivare una stima (Livello 2).

  • Il suo responsabile della tesoreria, usando modelli interni e osservando le condizioni del mercato, stima che avrebbe prestato denaro a 3 mesi al tasso del 3,13%.

  • Questo valore viene inviato come contributo Livello 3.

🛡️ È il livello meno oggettivo, ma regolato e necessario per garantire continuità del benchmark anche nei momenti di mercato poco attivo.


🧭 Riepilogo in tabella

🔢 Livello Fonte del tasso Attendibilità Esempio pratico
1 Transazione reale non garantita ⭐⭐⭐⭐⭐ Prestito a 100 mln a 3 mesi al 3,14%
2 Operazione simile (es. repo) + correzione ⭐⭐⭐⭐ Repo a 3,05% + 0,10% di aggiustamento = 3,15%
3 Stima esperta (expert judgement) ⭐⭐⭐ Nessuna operazione → stima interna al 3,13%

⚠️ Controlli e trasparenza

Tutte le banche devono documentare il livello utilizzato, con motivazioni e dati a supporto.
Il calculation agent GRSS riceve i contributi, verifica la coerenza, ed eventualmente può scartare valori anomali.
EMMI effettua controlli di qualità e audit periodici per garantire la correttezza del sistema.

Esempio completo di calcolo Euribor

Supponiamo 11 banche che comunicano i seguenti tassi per l’Euribor a 3 mesi:

  • 3.08, 3.09, 3.10, 3.11, 3.12, 3.13, 3.14, 3.15, 3.16, 3.17, 3.18

Passo 1: si ordinano i tassi. Passo 2: si eliminano i valori più alto e più basso (15% trimming). Passo 3: si calcola la media dei 9 tassi centrali:

  • Somma: 28.17
  • Media: 28.17 / 9 = 3,13%

Questo valore viene pubblicato alle 11:00 CET come Euribor ufficiale a 3 mesi.

La truffa delle banche con l’Euribor prima del metodo ibrido: la tecnica

Prima del 2014, l’Euribor era calcolato in modo poco trasparente:

  • Le banche comunicavano liberamente un numero: il tasso al quale “pensavano” di poter prestare denaro sul mercato.

  • Non era obbligatorio basarsi su transazioni reali.

  • Non c’era un calculation agent indipendente.

  • Non c’erano obblighi di tracciabilità o giustificazione.

🎭 Esempio (era pre-BMR)

Il trader della Banca A dice al collega della tesoreria:

“Oggi ho una posizione che guadagna se l’Euribor scende. Fammi inviare un tasso un po’ più basso del reale.”

La banca comunica 2,91% invece di 2,96%, e se lo fanno anche altre, l’Euribor finale scende, generando guadagni milionari su contratti derivati.
Nessuno poteva verificare se quel 2,91% fosse reale o inventato.


🛡️ Come il metodo ibrido blocca la manipolazione

1. Obbligo di usare transazioni reali (Livello 1)

Se la banca ha fatto un prestito reale, non può usare un valore diverso.
➡️ Il dato è oggettivo e verificabile.

2. Se non ha transazioni, deve usare modelli documentati (Livello 2)

Qualsiasi correzione fatta ai tassi derivati da operazioni simili (es. repo) deve essere motivata e giustificabile tramite modelli interni.

3. L’uso del Livello 3 (expert judgement) è limitato, tracciato e monitorato

Ogni stima esperta deve essere:

  • Motivata

  • Registrata

  • Potenzialmente oggetto di audit ➡️ Se una banca abusa del Livello 3, viene segnalata.

4. Esclusione dei valori estremi (trimming)

Il metodo scarta il 15% più alto e più basso →
Se una banca prova a inviare un tasso molto distorto per influenzare il calcolo, viene semplicemente esclusa dal computo.

5. Calculation agent indipendente (GRSS)

Nessuna banca, né EMMI, può modificare i dati o il calcolo.
Il sistema è automatico, tracciato, auditabile.


🧠 Esempio moderno: tentativo fallito di manipolazione

  • La Banca X non ha fatto operazioni reali.

  • Prova a inviare un valore falsato di 3,40% usando il Livello 3.

  • Ma:

    • Il valore è anomalo → il calculation agent lo segnala.

    • Viene rimosso per trimming.

    • EMMI riceve un alert per ispezionare la motivazione.

    • Se la banca non può dimostrare la coerenza della stima, scatta una sanzione o viene sospesa dal panel.

Risultato: la banca non ha influenzato l’Euribor e rischia penalità.


🔒 Conclusione

Il metodo ibrido frena la furbizia perché:

  • Obbliga a usare dati reali ogni volta che esistono.

  • Richiede giustificazioni per tutto.

  • Taglia fuori i tassi sospetti dal calcolo.

  • Affida il processo a un operatore neutrale.

  • È costruito per essere resistente agli abusi, proprio sulla base delle frodi passate.

Fonti ufficiali

Terre rare: significato e ruolo di Groenlandia e Ucraina

Terre rare: cosa sono e perché Groenlandia e Ucraina sono al centro dell’attenzioneTerre rare

Il termine terre rare (in inglese rare earth elements, REE) indica un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica, tra cui i 15 lantanidi (come lantanio, cerio, neodimio), più scandio e ittrio. Contrariamente al nome, non sono davvero “rare” in termini di abbondanza, ma lo sono per la difficoltà di estrarle in concentrazioni economicamente vantaggiose. Questi elementi sono essenziali per la tecnologia moderna: dai magneti delle turbine eoliche alle batterie delle auto elettriche, fino ai sistemi di difesa come radar e missili.

Negli ultimi anni, le terre rare sono diventate un tema caldo per la loro importanza nella transizione energetica e per le tensioni geopolitiche legate al loro controllo.

Perché se ne parla oggi?

La crescente domanda di terre rare è legata alla rivoluzione tecnologica e verde. La Cina domina il mercato globale, producendo circa il 70% delle terre rare e controllando la filiera di raffinazione. Questo monopolio spinge Stati Uniti ed Europa a cercare alternative, portando alla ribalta regioni come la Groenlandia e l’Ucraina. Queste aree sono ricche di giacimenti, ma presentano sfide logistiche, ambientali e politiche.

Groenlandia: un tesoro nell’Artico

La Groenlandia, territorio autonomo della Danimarca, vanta riserve di terre rare stimate tra 1,5 e 3,6 milioni di tonnellate. Il sito di Kvanefjeld è uno dei più grandi al mondo, con minerali come eudialite e feldspato che contengono tantalio, zirconio e neodimio. Lo scioglimento dei ghiacci, dovuto al cambiamento climatico, potrebbe facilitarne l’accesso, ma l’estrazione è ostacolata da costi elevati e preoccupazioni ambientali, come le scorie radioattive (torio e uranio).

Geopoliticamente, la Groenlandia è contesa: gli Stati Uniti vedono in essa una risorsa strategica, mentre la Cina ha già investito in aziende minerarie locali.

Ucraina: le terre rare nel cuore del conflitto

L’Ucraina possiede circa il 5% delle risorse minerarie mondiali, incluse terre rare, con giacimenti stimati in 2,6 miliardi di tonnellate. Zone come Azov e Novopoltavske sono ricche di queste risorse, ma molte si trovano in aree contese, come il Donbass, sotto controllo russo. Sfruttarle richiederebbe investimenti enormi (circa 300 milioni di dollari solo per Novopoltavske), ma il potenziale è immenso: si parla di un valore di 500 miliardi di dollari.

Recentemente, gli Stati Uniti hanno proposto accordi per accedere a queste risorse in cambio di aiuti militari, una mossa per contrastare Cina e Russia, che già controlla un terzo delle riserve ucraine.

La corsa geopolitica alle terre rare

Le terre rare sono un’arma geopolitica. La Russia rafforza la sua posizione con le risorse ucraine occupate, la Cina mantiene il dominio globale, mentre Stati Uniti e Unione Europea cercano di diversificare le fonti. Groenlandia e Ucraina, nonostante le loro potenzialità, devono affrontare ostacoli: ambientali in Groenlandia, bellici e infrastrutturali in Ucraina.

In definitiva, le terre rare non sono solo materie prime, ma un pilastro della tecnologia moderna e della competizione tra potenze globali.

Un video molto utile sulle terre rare del fisico Valerio Rossi Albertini

Quali sono le terre rare? Ce le indica il fisico Valerio Rossi Albertini: “Sono tutti quanti elementi molto pesanti”

Le 100 maggiori aziende di armi nel 2023 nel mondo

Le 100 maggiori aziende di armi e i loro 632 miliardi di dollari

Nel 2023, l’industria delle armi e dei servizi militari ha registrato una crescita significativa, spinta da tensioni geopolitiche globali e da una domanda crescente di armamenti. Secondo il rapporto annuale “SIPRI Top 100 Arms-Producing and Military Services Companies, 2023” del Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), i ricavi totali delle 100 maggiori aziende produttrici di armi e fornitrici di servizi militari hanno raggiunto 632 miliardi di dollari, con un aumento del 4,2% rispetto al 2022 (Fonte: SIPRI Arms Industry Database, Dec. 2024). Questo dato riflette un trend di crescita che, tra il 2015 e il 2023, ha visto un incremento complessivo dei ricavi del 19%.

Total arms revenues of companies in the SIPRI Top 100, 2015–23
Total arms revenues of companies in the SIPRI Top 100, 2015–23

Un settore in espansione in tutte le regioni

Il rapporto SIPRI evidenzia come i ricavi delle armi siano cresciuti in tutte le regioni analizzate. La crescita più marcata si è registrata in Russia, dove i ricavi delle due aziende incluse nella classifica (Rostec e United Shipbuilding Corporation) sono aumentati del 40%, raggiungendo 25,5 miliardi di dollari (Fonte: SIPRI). Anche il Medio Oriente ha visto un incremento significativo, con un aumento del 18% (19,6 miliardi di dollari), trainato soprattutto dalla guerra a Gaza, che ha spinto le aziende israeliane a livelli record. In Asia e Oceania, i ricavi sono cresciuti del 5,7% (136 miliardi di dollari), mentre in Nord America e Europa gli incrementi sono stati rispettivamente del 2,4% (318 miliardi di dollari) e dello 0,2% (133 miliardi di dollari) (Fonte: SIPRI).

Percentage change in the arms revenues of companies in the SIPRI Top 100, by country, 2022–23
Percentage change in the arms revenues of companies in the SIPRI Top 100, by country, 2022–23

Nord America: il dominio degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti continuano a dominare il settore, con 41 aziende nella Top 100 che hanno generato ricavi per 317 miliardi di dollari, pari al 50% del totale globale (Fonte: SIPRI). Le prime cinque aziende al mondo sono tutte statunitensi: Lockheed Martin, RTX, Northrop Grumman, Boeing e General Dynamics. Tuttavia, non tutte hanno registrato una crescita. Lockheed Martin, leader mondiale, ha visto i suoi ricavi scendere dell’1,6% a 60,8 miliardi di dollari, e RTX ha registrato un calo dell’1,3% a 40,7 miliardi di dollari, a causa di problemi nelle catene di approvvigionamento (Fonte: SIPRI). Al contrario, Northrop Grumman ha registrato un aumento del 5,8%, raggiungendo 35,6 miliardi di dollari, grazie alla crescente domanda di munizioni per l’Ucraina e ai programmi di modernizzazione nucleare degli Stati Uniti (Fonte: SIPRI).

Europa: crescita modesta e sfide

In Europa, le 27 aziende presenti nella classifica hanno generato ricavi per 133 miliardi di dollari, con un aumento dello 0,2% rispetto al 2022 (Fonte: SIPRI). Il Regno Unito si distingue con 47,7 miliardi di dollari di ricavi complessivi, grazie a aziende come BAE Systems, che con 29,8 miliardi di dollari (+2,3%) rimane la più grande azienda europea del settore (Fonte: SIPRI). In Italia, invece, le due aziende presenti, Leonardo e Fincantieri, hanno registrato un calo: Leonardo ha visto i suoi ricavi scendere dell’11% a 12,4 miliardi di dollari, mentre Fincantieri è diminuita del 6% a 2,8 miliardi di dollari (Fonte: SIPRI). In Francia, i ricavi complessivi delle cinque aziende sono scesi dell’8,5% a 25,5 miliardi di dollari, con Dassault Aviation Group che ha subito il calo più drastico (-41%) a causa di una riduzione delle esportazioni di aerei Rafale (Fonte: SIPRI).

Asia e Oceania: Cina in testa, ma crescita in Giappone e Corea del Sud

In Asia e Oceania, le 23 aziende della Top 100 hanno generato 136 miliardi di dollari, con un aumento del 5,7% (Fonte: SIPRI). La Cina si conferma il secondo paese per ricavi, con 103 miliardi di dollari (+0,7%), ma la crescita è rallentata a causa della crisi economica del paese (Fonte: SIPRI). AVIC, l’ottava azienda mondiale, ha registrato ricavi per 20,9 miliardi di dollari (+5,6%), grazie alla produzione di aerei militari (Fonte: SIPRI). In Giappone e Corea del Sud, invece, la crescita è stata impressionante: le aziende giapponesi hanno aumentato i ricavi del 35% (10 miliardi di dollari), spinte da un massiccio programma di riarmo, mentre le aziende sudcoreane hanno registrato un aumento del 39% (11 miliardi di dollari), con Hanwha Group che ha visto un balzo del 53% a 5,7 miliardi di dollari grazie a esportazioni verso Australia, Polonia e Regno Unito (Fonte: SIPRI).

Le 100 maggiori aziende di armi nel 2023 nel mondo 1
Share of the total arms revenues of companies in the SIPRI Top 100 for 2023, by country

Russia e Medio Oriente: l’impatto dei conflitti

In Russia, le due aziende incluse nella classifica (Rostec e United Shipbuilding Corporation) hanno registrato un aumento del 40%, con ricavi stimati a 25,5 miliardi di dollari (Fonte: SIPRI). Rostec, in particolare, ha visto i suoi ricavi crescere del 49% a 21,7 miliardi di dollari, riflettendo l’intensificazione della produzione di armi per sostenere il conflitto in Ucraina (Fonte: SIPRI). Nel Medio Oriente, le sei aziende presenti hanno generato 19,6 miliardi di dollari (+18%), con le tre aziende israeliane (Elbit Systems, Israel Aerospace Industries e Rafael) che hanno raggiunto 13,6 miliardi di dollari (+15%), grazie alla domanda legata alla guerra a Gaza (Fonte: SIPRI). In Turchia, le tre aziende (Baykar, Turkish Aerospace Industries e ASELSAN) hanno registrato un aumento del 24%, con ricavi di 6 miliardi di dollari, trainati sia dalla domanda interna che dalle esportazioni legate al conflitto ucraino (Fonte: SIPRI).

Modernizzazione nucleare: un driver di crescita a lungo termine

Un aspetto evidenziato dal rapporto è il ruolo delle aziende della Top 100 nei programmi di modernizzazione nucleare. Circa un quarto delle aziende nella classifica è coinvolto in questi programmi, che rappresentano una fonte di ricavi a lungo termine. Negli Stati Uniti, ad esempio, Northrop Grumman sta sviluppando nuovi missili balistici intercontinentali e bombardieri strategici B-21, mentre nel Regno Unito l’Atomic Weapons Establishment ha registrato un aumento del 16% nei ricavi (2,2 miliardi di dollari) grazie agli investimenti nella modernizzazione delle infrastrutture nucleari (Fonte: SIPRI). Anche Cina, Russia e Francia stanno modernizzando le loro forze nucleari, con aziende come AVIC, CASC e Naval Group coinvolte in questi progetti (Fonte: SIPRI).

Tendenze e sfide

Il rapporto sottolinea come la crescente domanda di armi, alimentata da conflitti come quelli in Ucraina e a Gaza, abbia portato a una crescita dei ricavi, soprattutto per le aziende più piccole nella seconda metà della classifica, che hanno potuto scalare rapidamente la produzione. Tuttavia, le grandi aziende, come Lockheed Martin e RTX, hanno affrontato sfide legate a catene di approvvigionamento complesse e ritardi nella produzione, accumulando ordini arretrati piuttosto che ricavi immediati. Nel 2023, 73 aziende su 100 hanno registrato una crescita dei ricavi rispetto al 2022, rispetto a sole 47 nel 2022 (Fonte: SIPRI).

Conclusione: un’industria al centro delle tensioni globali

Il rapporto “SIPRI Top 100 Arms-Producing and Military Services Companies, 2023” dipinge un quadro di un’industria delle armi in espansione, con un fatturato complessivo di 632 miliardi di dollari e una crescita che riflette l’instabilità geopolitica globale. Se da un lato aziende come Lockheed Martin, BAE Systems e AVIC continuano a dominare, dall’altro emergono realtà in crescita in paesi come Corea del Sud, Giappone e Turchia, che sfruttano la domanda di armamenti per consolidare la loro posizione. Tuttavia, questa crescita avviene in un contesto di sfide etiche e sociali, dove i profitti di pochi si contrappongono ai costi umani e materiali dei conflitti.

Per maggiori dettagli, consulta il rapporto completo sul sito ufficiale del SIPRI: www.sipri.org.

Relazione tra tassi BCE, Euribor, inflazione area euro e BOT

In questo articolo analizziamo la relazione tra i tassi di interesse della BCE, i tassi Euribor, l’inflazione media nell’area eurorendimenti dei BOT. Per l’analisi utilizziamo dati ufficiali disponibili su Rivaluta.it e fonti esterne del MEF e della Banca d’Italia.

Tassi Euribor

L’Euribor rappresenta il costo del denaro tra le banche ed è influenzato direttamente dalle decisioni della BCE. Ti consigliamo di analizzare:

Inflazione Area Euro e Tassi BCE dal 2000 al 2025
Inflazione Area Euro e Tassi BCE dal 2000 al 2025

Consulta le medie mensili dei tassi Euribor per una visione storica dettagliata.

Tassi BCE

Il tasso BCE influisce direttamente sull’Euribor e sulle condizioni di finanziamento nell’economia. Le colonne più rilevanti da monitorare sono:

  • Tasso sui depositi della BCE → Il tasso a cui le banche parcheggiano la liquidità.
  • Tasso di rifinanziamento principale → Il principale strumento per regolare il costo del denaro.
  • Tasso di rifinanziamento marginale → Utilizzato in situazioni di emergenza per le banche.

Consulta la tabella dei tassi BCE per maggiori dettagli e leggi   Quali sono i tre tassi della BCE?

Inflazione in area euro

L’inflazione è un indicatore chiave perché la BCE utilizza i tassi per cercare di controllarla. Le metriche più significative sono:

  • Inflazione annua dell’Eurozona (HICP) → Dato di riferimento della BCE.
  • Inflazione Core (HICP core) → Esclude energia e alimentari per valutare la dinamica sottostante.

Consulta la serie storica dell’inflazione per valutare l’andamento negli anni.

BOT e tassi BCE

I BOT sono strumenti di debito a breve termine. I loro rendimenti dipendono dalle aspettative sui tassi BCE e dall’inflazione. Le metriche utili sono:

  • 12-month BOTs: gross allotment rate → Tasso lordo di aggiudicazione dei BOT a 12 mesi.
  • 6-month BOTs: gross compound allotment rate → Tasso lordo dei BOT a 6 mesi.
  • 3-month BOTs: gross compound allotment rate → Tasso lordo dei BOT a 3 mesi.

Consulta i dati aggiornati su Ministero dell’Economia e delle Finanze e Banca d’Italia.

Analisi della relazione

Osservando i dati storici, emerge una chiara correlazione tra le decisioni della BCE, l’andamento dell’Euribor, l’inflazione e i rendimenti dei BOT. In generale, quando la BCE alza i tassi di interesse per contrastare un’inflazione elevata, l’Euribor tende a salire rapidamente, mentre i rendimenti dei BOT seguono un andamento più graduale.

Nei periodi di alta inflazione, i tassi BCE vengono innalzati per raffreddare l’economia e i BOT devono offrire rendimenti più alti per attrarre investitori. Viceversa, in fasi di inflazione contenuta o recessione, la BCE abbassa i tassi, provocando un calo dell’Euribor e una riduzione dei rendimenti dei BOT. Non a caso lo slogan della BCE è: Our main aim at the ECB is price stability.

Leggi un interessante articolo sul sito della Inflation and consumer prices

Conclusioni

Monitorare i tassi BCE, l’Euribor, l’inflazione e i BOT consente di prevedere le tendenze economiche e prendere decisioni informate. La relazione tra questi indicatori è un elemento cruciale per chiunque operi nei mercati finanziari, nei mutui e nella gestione del risparmio.

Consulta il sito della BCE su 

Come funzionano i dazi: impatto sull’economia e sul commercio internazionale

I dazi doganali influenzano l’economia globale e le relazioni commerciali tra i paesi. L’introduzione di dazi da parte di Trump  hanno acceso il dibattito sull’efficacia di questi strumenti.

Scopriamo cos’è un dazio, come funziona e quali conseguenze può avere.Trump aumenta i Dazi con la Cina

Trump aumenta i dazi negli USA: cosa potrebbe accadere?

Gli Stati Uniti hanno imposto dazi su diversi prodotti importati, in particolare dalla Cina, con l’obiettivo di proteggere le industrie nazionali. Tuttavia, queste misure scateneranno reazioni a catena che influenzeranno, consumatori e l’economia globale.

Cosa sono i dazi?

I dazi doganali sono imposte applicate sulle merci importate o esportate. Possono essere utilizzati per:

  • Proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza estera.
  • Compensare squilibri commerciali.
  • Influenzare la politica economica di altri paesi.

Quando un paese introduce dazi su determinati beni, il costo per importare tali prodotti aumenta, influenzando prezzi, domanda e dinamiche commerciali.

Come funzionano i dazi?

    1. Imposizione del dazio: un governo decide di applicare un dazio su specifici prodotti importati.
    2. Aumento dei prezzi: il costo delle merci importate cresce, riducendo la loro competitività rispetto ai prodotti nazionali.
    3. Ritorsioni commerciali: il paese colpito può rispondere imponendo dazi su altri beni, generando una guerra commerciale.

Attori coinvolti

  1. Governi: Sono i principali attori che decidono di imporre o rimuovere i dazi. Negoziano accordi commerciali e decidono le politiche economiche.

  2. Produttori nazionali: Le aziende locali che producono beni simili a quelli importati possono beneficiare dei dazi, poiché i prodotti stranieri diventano più costosi e meno competitivi.

  3. Consumatori: I consumatori del paese che impone i dazi spesso subiscono un aumento dei prezzi dei beni importati. Ad esempio, se gli Stati Uniti impongono dazi sull’elettronica cinese, i consumatori statunitensi potrebbero pagare di più per smartphone e computer.

  4. Importatori ed esportatori: Le aziende che importano o esportano merci tra i due paesi sono direttamente colpite dai dazi. Gli importatori devono pagare tasse aggiuntive, mentre gli esportatori possono vedere ridursi la domanda per i loro prodotti.

  5. Economia globale: Le guerre commerciali possono avere effetti negativi sull’economia globale, riducendo il commercio internazionale e rallentando la crescita economica.

Quali sono le conseguenze economiche?

Chi ne trae vantaggio?

  • Industrie nazionali: protezione dalla concorrenza estera.
  • Governi: aumento delle entrate fiscali.

Chi ci perde?

  • Consumatori: prezzi più alti su prodotti importati.
  • Importatori ed esportatori: minori margini di profitto e riduzione della domanda.
  • Economia globale: possibile rallentamento della crescita economica.

Esempio pratico: Stati Uniti vs. Cina

Un caso emblematico di guerra commerciale è il conflitto tra Stati Uniti e Cina:

  1. Gli Stati Uniti impongono dazi del 25% sull’acciaio cinese.
  2. La Cina risponde con dazi sui prodotti agricoli statunitensi.
  3. Gli americani pagano di più per prodotti che contengono acciaio.
  4. Gli agricoltori USA perdono un importante mercato di esportazione.

Conclusione: i dazi aiutano o danneggiano l’economia?

I dazi possono proteggere le industrie nazionali, ma spesso a scapito dei consumatori e delle relazioni commerciali internazionali. Guerre commerciali, come quella tra Cina e Stati Uniti, possono avere effetti negativi sulla crescita economica globale.

Scopri di più su Trump introduce dazi per Canada, Messico e Cina. Qual è l’impatto per l’economia globale (e quella italiana)  © Today

 

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BCE: Politiche Monetarie e prospettive di ripresa

Moderazione economica nell’area dell’euro

Area Euro - Inflazione complessiva e sue principali componenti
Area Euro – Inflazione complessiva e sue principali componenti

Il Bollettino Economico della Banca Centrale Europea (BCE) n. 6/2024 (PDF) delinea un quadro di moderazione economica nell’area dell’euro, evidenziando come l’inflazione e la crescita economica rimangano sotto stretta osservazione.

Nonostante le sfide globali e interne, la BCE mantiene il suo impegno a garantire stabilità e a riportare l’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine.

Decisioni di politica monetaria

Nella riunione del 12 settembre 2024, la BCE ha deciso di ridurre il tasso di interesse sui depositi di 25 punti base, portandolo al 3,50%. Questa decisione è stata presa in considerazione delle recenti tendenze inflazionistiche e delle proiezioni macroeconomiche. Sebbene l’inflazione complessiva rimanga elevata, l’economia dell’area euro mostra segnali di stabilizzazione. Il Consiglio direttivo della BCE ha ribadito che il livello e la durata delle restrizioni monetarie saranno guidati dai dati economici futuri. Tabella tassi BCE

Inflazione: un trend discendente

Le proiezioni della BCE indicano che l’inflazione complessiva nell’area euro si attesterà al 2,5% per il 2024, al 2,2% nel 2025 e all’1,9% nel 2026. Sebbene sia previsto un leggero aumento dell’inflazione nell’ultimo trimestre del 2024, dovuto alla cessazione degli effetti del ribasso dei prezzi energetici, le pressioni inflazionistiche dovrebbero continuare a diminuire. Le proiezioni per l’inflazione di fondo sono state lievemente riviste al rialzo per il 2024 e il 2025 a causa dei rincari dei servizi, ma si prevede una discesa costante verso il target del 2%.

Le pressioni sui prezzi rimangono sostenute dalla crescita dei salari, anche se il tasso di crescita del costo del lavoro sta iniziando a rallentare, attenuando le pressioni inflazionistiche.

Crescita economica debole

L’economia dell’area euro continua a mostrare segnali di debolezza.

Nel secondo trimestre del 2024, il PIL è cresciuto dello 0,2%, un dato inferiore alle aspettative iniziali. Questo rallentamento è attribuibile alla contrazione della domanda interna e agli effetti persistenti di politiche monetarie restrittive.

Le previsioni della BCE indicano una crescita annua del PIL reale pari allo 0,8% nel 2024, con un lieve miglioramento previsto per il 2025 (1,3%) e il 2026 (1,5%). Tuttavia, la ripresa è attesa in gran parte nella seconda metà del 2024, grazie a un previsto miglioramento della fiducia dei consumatori e un aumento dei redditi reali.

Mercato del lavoro: una tenuta fragile

Il mercato del lavoro dell’area euro ha mostrato segni di rallentamento. Nel secondo trimestre del 2024, l’occupazione è cresciuta solo dello 0,2%, una decelerazione rispetto ai trimestri precedenti. Il tasso di disoccupazione si è stabilizzato al 6,4%, ma le prospettive per la crescita dell’occupazione nel breve periodo sono deboli, con una diminuzione della domanda di manodopera e un calo dei posti vacanti.

Rischi e prospettive globali

I rischi per la crescita economica rimangono orientati verso il basso, influenzati da fattori geopolitici e dall’incertezza sulle prospettive commerciali globali. Il rallentamento della domanda internazionale, in particolare dalla Cina e da altre economie emergenti, potrebbe frenare ulteriormente la crescita dell’area euro. Inoltre, la guerra tra Russia e Ucraina e le tensioni in Medio Oriente continuano a rappresentare fattori di rischio significativi.

Al contrario, l’inflazione potrebbe sorprendere al rialzo se le pressioni salariali o i profitti aziendali aumentassero più del previsto. Gli esperti della BCE continueranno a monitorare attentamente queste variabili e a valutare l’impatto delle politiche monetarie restrittive sugli sviluppi economici.

Sintesi

  • La BCE rimane ferma nel suo obiettivo di riportare l’inflazione al 2% nel medio termine.
  • Per raggiungere questo obiettivo, la Banca Centrale è pronta a mantenere tassi di interesse su livelli restrittivi finché necessario e a regolare tutti i suoi strumenti per sostenere la stabilità monetaria.
  • La crescita economica rimane debole, ma si prevede che i consumi privati e il mercato del lavoro possano fornire un sostegno alla ripresa nella seconda metà del 2024.
  • Con un’attenzione costante all’evoluzione dei dati economici e finanziari, la BCE dimostra di essere pronta ad adattarsi per mantenere un percorso di crescita sostenibile e stabile per l’area euro.

Analisi dell’IRPEF in Italia : Dichiarazioni 2023 – Anno d’imposta 2022

IRPEF: disparità Regionali e concentrazione delle Entrate Fiscali

Tipo di imposta : IRPEF
Modello : Persone fisiche totali
Tipologia contribuente: Lavoratori dipendenti

Analisi dell'IRPEF in Italia : Dichiarazioni 2023 - Anno d'imposta 2022Modello :  Persone fisiche totali Tipologia contribuente :  Lavoratori dipendenti
Analisi dell’IRPEF in Italia : Dichiarazioni 2023 – Anno d’imposta 2022
Modello : Persone fisiche totali
Tipologia contribuente : Lavoratori dipendenti

Dalla tabella sull’IRPEF di seguito, divisa per regione relativa alle dichiarazioni 2023 e  anno d’imposta 2022, ci sono diverse informazioni che possiamo dedurre:

  1. Concentrazione delle entrate fiscali: La Lombardia risulta essere la regione con la più alta frequenza di contribuenti IRPEF, rappresentando il 18,23% del totale. Questo potrebbe indicare una forte concentrazione di reddito e di contribuenti ad alta capacità contributiva nella regione.

  2. Disparità regionali: Ci sono notevoli differenze nelle entrate fiscali tra le diverse regioni. Ad esempio, mentre la Lombardia è in cima alla lista con oltre il 18% del totale, la Valle d’Aosta contribuisce solo lo 0,24%.

  3. Regioni più popolose vs regioni meno popolose: C’è una certa correlazione tra la popolazione di una regione e le sue entrate fiscali, ma non è una relazione diretta. Ad esempio, la Lombardia è la regione più popolosa d’Italia, ma la sua quota di IRPEF è significativamente più alta rispetto ad altre regioni altamente popolate come il Lazio e la Campania.

  4. Contributo delle regioni del Nord vs Sud: Le regioni del Nord come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna contribuiscono in modo significativo alle entrate fiscali complessive rispetto alle regioni del Sud come Calabria, Basilicata e Molise.

  5. Distribuzione geografica: Alcune regioni hanno due voci separate nella tabella, come il Trentino Alto Adige con le province autonome di Trento e Bolzano. Questo potrebbe indicare differenze nella raccolta delle tasse o nella popolazione contribuente tra le due province.

Regione Frequenza Percentuale
Piemonte 1.691.324 7,26
Valle d’Aosta 54.954 0,24
Lombardia 4.251.860 18,23
Liguria 612.575 2,63
Trentino Alto Adige (P.A. Trento) 262.992 1,13
Trentino Alto Adige (P.A. Bolzano) 284.227 1,22
Veneto 2.133.210 9,16
Friuli Venezia Giulia 523.109 2,25
Emilia Romagna 1.984.720 8,52
Toscana 1.522.701 6,54
Umbria 361.355 1,55
Marche 620.908 2,66
Lazio 2.257.557 9,69
Abruzzo 494.099 2,12
Molise 101.129 0,43
Campania 1.832.826 7,87
Puglia 1.389.817 5,96
Basilicata 197.261 0,85
Calabria 612.418 2,63
Sicilia 1.534.389 6,59
Sardegna 576.130 2,47
Non indicata 593 0,00
TOTALE 23.300.154 100,00

Fonte dati: Dipartimento delle Finanze

La fiducia dei consumatori e imprese in calo ad aprile 2024

Ad aprile 2024 la “fiducia” dei consumatori scende da 96,5 a 95,2 e l’indicatore composito del clima di fiducia delle imprese da 97,0 a 95,8

Grafico: La fiducia dei consumatori ed imprese dal 2015 al 2024
La fiducia dei consumatori ed imprese dal 2015 al 2024
  • Fiducia dei Consumatori: Ad aprile 2024, l’indice del clima di fiducia dei consumatori è diminuito da 96,5 a 95,2, segnalando un peggioramento del clima economico, personale e futuro.

  • Fiducia delle Imprese: L’indicatore composito del clima di fiducia delle imprese è sceso da 97,0 a 95,8, con una riduzione in tutti i comparti economici, in particolare nelle costruzioni, nel commercio al dettaglio e nei servizi di mercato.

  • Investimenti 2024: Gli imprenditori del settore manifatturiero e dei servizi di mercato prevedono un’evoluzione positiva degli investimenti nel 2024 rispetto al 2023.

Per ulteriori approfondimenti il comunicato ufficiale ISTAT

Gli ultimi dati del 2024 su FIDUCIA DEI CONSUMATORI E DELLE IMPRESE

La fiducia dei consumatori e imprese in calo ad aprile 2024 2
La fiducia dei consumatori e imprese Dicembre 2023 – Aprile 2024

 

Altre informazioni utili sull’argomento sul sito ISTAT

Scende l’inflazione in Area Euro a Marzo: stimata al 2,4%

Un dato, quello dell’inflazione a Marzo, che BCE aspettava con ansia

Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, stima che l’inflazione annua dell’area euro dovrebbe attestarsi al 2,4% a marzo 2024.

In calo rispetto al 2,6% di febbraio scorso e l’aumento mensile in leggero aumento rispetto al dato del mese scorso:+0,8%. Lo scorso mese la variazione mensile era stata uguale a +0,6%.

Scende l'inflazione in Area Euro a Marzo: stimata al 2,4% 3
Tabella stima aumenti prodotti panel inflazione Area Euro Marzo 2024

Considerando le principali componenti dell’inflazione dell’area euro, si stima che i servizi registreranno il tasso annuo più elevato a marzo (4,0%, stabile rispetto a febbraio), seguiti da alimentari, alcol e tabacco (2,7%, rispetto al 3,9% di febbraio), i beni industriali non energetici (1,1%, contro 1,6% a febbraio) e l’energia (-1,8%, contro -3,7% a febbraio).

Dopo questo dato dell’inflazione, tanto atteso dalla BCE, si spera in un taglio dei tassi di interesse entro giugno prossimo.

Scende l'inflazione in Area Euro a Marzo: stimata al 2,4% 4
Tassi di interesse e inflazione area euro

Statistiche Protesti in Italia anno 2022

L’Istat ha diffuso i dati relativi ai dati dei Protesti per l’anno 2022.

I dati Istat dicono che i Protesti sono  in calo come numero e valore monetario

Dati Istat su protesti 2022

Nel 2022 i protesti iscritti nel Registro informatico sono stati 255.202, di cui 224.899 cambiali (88,1%) e 30.303 assegni (11,9%).

Il loro valore monetario complessivo raggiunge un ammontare superiore ai 242 milioni di euro: circa 157 milioni riguardano le cambiali (64,8%) e circa 85 milioni gli assegni (35,2%).
I soggetti protestati sono 70.860: 50.297 persone (71,0%) e 20.563 imprese (29,0%).

Variazioni rispetto al 2021 dei protesti

Rispetto al 2021 i valori sono tutti in calo:

  • numero dei protesti -7,7%,
  • valore monetario -11,8%,
  • soggetti protestati -19,0% (di cui persone -18,1%; imprese -21,0%)

Nel 2022 il calo ha interessato tutto il Paese, con variazioni rispetto al 2021 che oscillano da -18,8% nel Sud a -1,7% nel Centro; fa eccezione il Nord-ovest che segna un aumento del 4,2%.

Il calo si osserva in quasi tutte le regioni con differenze accentuate: da -31,3% in Calabria a -1,8% in Liguria.

Soltanto Lombardia e Lazio hanno variazioni positive (rispettivamente +8,1% e +5,7%).
Le cambiali protestate coprono l’88,1% dei protesti (224.899), raggiungono quote più elevate al Sud (98,8%), nel Nord-est (98,6%) e nelle Isole (97,7%) e risultano associate più alle persone (139.732; 62,1% delle cambiali protestate) che alle imprese. Gli assegni sono 30.303iii, l’11,9% del totale dei protesti, con quote più alte al Centro (27,1%) e nel Nord-ovest (14,9%). Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e Province Autonome di Bolzano/Bozen e di Trento non presentano assegni protestati.

Diversamente dalle cambiali, gli assegni sono più a carico delle imprese (16.293, il 53,8% degli assegni protestati).

Riferimenti ufficiali: Le tavole ISTAT