Ai fini dell’inutilizzabilità in giudizio, va verificata la volontà del contribuente di sottrarli all’ispezione

18 gennaio 2010

Nel caso di dichiarazione resa dal contribuente, di non possedere libri, registri, scritture e documenti richiestigli dai verificatori nel corso di un accesso, il giudice di merito, al fine di considerarli inutilizzabili in sede contenziosa, è obbligato a verificare la sussistenza dei presupposti che configurano “il rifiuto di esibizione” (veridicità della dichiarazione, coscienza e volontà nonché dolo del dichiarante), previsti dal comma 5 dell’articolo 52 del Dpr 633/1972.

Questo, in estrema sintesi, il principio di diritto desumibile dalla ordinanza della Cassazione n. 27556, depositata lo scorso 29 dicembre 2009.

La vicenda

Il contenzioso è originato dall’emissione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di un avviso di accertamento ai fini Ilor e Irpeg relativo all’anno d’imposta 1992.

In particolare, la questione principale oggetto del giudizio, attiene alla possibilità di utilizzare i documenti nella fase contenziosa, seppure essi non siano stati esibiti in sede di accesso nonostante la richiesta dei verificatori, stante il disposto di cui al comma 5 dell’articolo 52 del Dpr 633/1972 (richiamato per le imposte dirette dall’articolo 33 del Dpr 600/1973) che prevede, quale sanzione, la inutilizzabilità degli stessi.

La Commissione tributaria regionale del Lazio ha escluso l’applicabilità della norma sopra citata (cioè l’inutilizzabilità dei documenti medesimi in sede contenziosa) adducendo il contrasto con lo spirito di collaborazione tra contribuente e Amministrazione finanziaria sancito dallo Statuto del contribuente, sottolineando, inoltre, come l’esame anche se tardivo dei documenti contabili avesse consentito una visione più completa dei fatti di gestione.

Contro tale decisione, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione denunciando la violazione del comma 5 dell’articolo 52 del Dpr 633/1972 nonché il difetto di motivazione della sentenza.

La pronuncia della Cassazione

La Cassazione, condividendo pienamente quanto affermato dal giudice relatore ha cassato, con ordinanza, la sentenza della Ctr, rinviando la causa ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Per i Supremi giudici, a norma del comma 5 dell’articolo 52 del Dpr 633/1972, affinché operi la preclusione relativa alla inutilizzabilità da parte del contribuente dei documenti ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa, la dichiarazione resa dallo stesso nel corso di un accesso, di non possedere libri, registri, scritture e documenti richiestigli in esibizione (compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sia obbligatoria), dovrà basarsi sui seguenti presupposti:

  • essere non veritiera o, più in generale, in quanto diretta a impedire l’ispezione del documento, concretarsi in un sostanziale rifiuto di esibizione, accertabile con qualunque mezzo di prova e anche attraverso presunzioni
  • essere cosciente e volontaria
  • essere dolosa, cioè finalizzata a impedire che, nel corso dell’accesso, possa essere effettuata l’ispezione del documento.

Al contrario, secondo la Cassazione, non sono integrati i presupposti della preclusione di cui all’articolo 52, nel caso in cui il contenuto della dichiarazione “…corrisponda al vero - dell’indisponibilità del documento…” ancorché, tale l’indisponibilità “…sia ascrivibile a caso fortuito o forza maggiore…” ovvero sia “…imputabile, a colpa, quale ad esempio la negligenza e imperizia nella custodia e conservazione…”.

In sostanza, nel caso di specie, i giudici di merito, omettendo di motivare, in ordine alla sussistenza o meno dei suddetti presupposti (veridicità, coscienza e volontà, dolo), hanno fatto malgoverno della regola iuris contenuta nel comma 5 dell’articolo 52 del Dpr 633/1972.

Osservazioni

L’ordinanza in esame di fatto smentisce l’interpretazione di alcuni giudici del merito secondo cui il comma 5 dell’articolo 52 non sarebbe applicabile, poiché in contrasto con i principi espressi dallo Statuto del contribuente e, in particolare, con l’articolo 10, secondo cui i rapporti tra Amministrazione e contribuente debbono essere ispirati ai principi della collaborazione e della buona fede.

In realtà, una volta sollevata l’eccezione di non utilizzabilità dei documenti ex articolo 52, le Commissioni tributarie sono costrette a indagare e argomentare in merito ai presupposti integrativi della preclusione così come indicati nella pronuncia in commento.

In particolare, la dichiarazione di non possedere la documentazione richiesta può qualificarsi come “rifiuto di esibizione” normativamente rilevante, soltanto quando questa sia espressa in modo scientemente non veritiero e attuata dolosamente, al solo fine di impedire il controllo dei libri e delle scritture agli ispettori del Fisco.

Tale convincimento, condiviso dalle Sezioni Unite con sentenza 45/2000, rappresenta oramai l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità (ex multiis, Cassazione nn. 13511/2008 e 9127/2006).

In ultima analisi, si sottolinea che il comma 5 dell’articolo 52, seppure possa essere apparentemente accostato all’ultimo comma dell’articolo 51 (il quale richiama a sua volta i commi 3 e 4 dell’articolo 32 del Dpr 600/1973) che sancisce l’inutilizzabilità dei dati e documenti non riferiti o non esibiti o non trasmessi all’ufficio dal contribuente, in realtà poggia su presupposti del tutto differenti.

Infatti, mentre l’articolo 52 è applicabile soltanto in presenza di un rifiuto o di un occultamento intenzionale da parte del contribuente, al contrario, ai fini dell’applicabilità dell’ultimo comma dell’articolo 51, l’effetto d’inutilizzabilità dei dati e documenti non riferiti o non esibiti o non trasmessi si produce in maniera oggettiva, ossia indipendentemente dall’atteggiamento psicologico del contribuente (sul punto, si rinvia alla recente sentenza della Cassazione 28049/2009).

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it

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