È il prezzo da pagare per i dipendenti privati che, nel semestre di scelta concluso il 30 giugno scorso, hanno mantenuto il TFR (il 6,91% della retribuzione lorda) in azienda, dove si rivaluta con un tasso dell’1,5% più il 75% dell’inflazione. Secondo i sondaggi, quest’opzione è stata assunta dalla maggioranza dei lavoratori interessati.
Quando entrerà a regime il sistema di calcolo previsto dalla riforma Dini del 1995, nel sistema previdenziale a carattere obbligatorio il rapporto fra pensione e ultima retribuzione si abbasserà bruscamente per tutti coloro che avevano meno di diciotto anni di contributi al 31 dicembre 1995, e in misura ancora maggiore per i giovani che hanno cominciato a lavorare dopo questa data: per loro, infatti, a seconda del livello retributivo e della dinamica di carriera si passerà dal 70-80% del passato al 50-60%.
L’apporto della previdenza integrativa diventa quindi fondamentale per evitare in futuro un drastico abbassamento del tenore di vita.
Attraverso un’adesione esplicita al fondo pensione, e versando il proprio contributo, si potrà ottenere (se previsto dai contratti o accordi collettivi) anche quello dell’azienda: un versamento aggiuntivo, pari in media all’1,2%-1,5% della retribuzione lorda, che il dipendente altrimenti non otterrebbe.
Chi s’iscrive ai fondi pensione deve scegliere una linea d’investimento adeguata rispetto agli anni che mancano al pensionamento: i più giovani devono optare per quelle a maggiore componente azionaria, che nel lungo periodo offrono la prospettiva di rendimenti più elevati, sia pure a fronte di rischi maggiori.