La riforma del TFR for dummies (parte 2)

La riforma del tfr for dummies (parte 2) a cura di stefano fiaschi

Nella precedente puntata ho spiegato in larghe linee cosa comporterà per i lavoratori dipendenti questa riforma. in questo nuovo post vorrei entrare nel dettaglio e analizzare le varie scelte che i lavoratori dipendenti potranno fare per investire al meglio la propria trattenuta del tfr.

Dividerò le scelte possibili in due categorie: i fondi pensionisti e i fondi di investimento, in quest’ultima categoria inserirò forzatamente anche il tfr in azienda perché del tutto paragonabile.

fondi pensionistici

possono essere personali o di categoria, gestiti da banche, assicurazioni e finanziarie o gestiti direttamente dalle organizzazioni di categoria, di imprese e di lavoratori (confederazioni e sindacati). garantiscono un reddito pensionistico da sommare alla normale pensione di anzianità dell’inps e sono la principale novità introdotta dalla riforma del tfr. il funzionamento è semplice e analogo all’attuale sistema contributivo pensionistico, tu versi il tuo tfr nel fondo, in base a quanto versato negli anni riceverai una pensione integrativa.

è ovvio che essi convengano a chi prospetta di ricevere una pensione di anzianità non sufficiente, a chi avrà il tempo di versare abbastanza da poter rendere la pensione integrativa decente, in particolare dunque ai giovani, soprattutto precari (non ha un gran senso scegliere questo tipo di opzione per chi prospetta di andare in pensione entro 4 anni e magari assicurarsi una pensione integrativa di 30 euro), infine è conveniente per chi possiede già un capitale e non avrà dunque il bisogno di una liquidazione ad esempio per l’acquisto di una nuova auto o per la ristrutturazione di casa.
fondi di investimento

possono essere gestiti dalle banche e dalle finanziarie, dall’inps e per le aziende sotto ai 50 dipendenti, anche dall’azienda stessa. funzionano come il tfr precedentemente la riforma, i contributi mensili trattenuti per il tfr vengono versati in un fondo ed investiti, maturano dunque un interesse e vanno a formare un capitale che il dipendente potrà ricevere al momento della fine del rapporto di lavoro (nel caso del fondo dell’inps o del tfr gestito dalle aziende con meno di 50 dipendenti) o secondo contratto (nel caso di fondi proposti da banche o finanziarie). sono la scelta adeguata per chi pensa di ricevere una pensione soddisfacente e che pensa dunque alla maturazione di un capitale, per chi è prossimo al pensionamento e che dunque non traerebbe un grosso guadagno cambiando ora il sistema di accumulamento del tfr e, nel caso di un fondo che dia la possibilità di avere disponibile in forma “cash” in qualunque momento una parte o la totalità del capitale, anche ai precari che credono di dover stare alcuni periodi senza lavoro e che quindi potrebbero usare il capitale accumulato come sostentamento temporaneo (ammortizzatore sociale).

i precari

molti di voi si saranno accorti che ho consigliato per i precari ambedue i tipi di investimento. il discorso precari è complesso, in quanto hanno contemporaneamente il problema di potersi trovare per un periodo senza salario e quello di ricevere una pensione piuttosto esigua raggiunta l’età per il pensionamento (i precari fino al 2006 hanno versto meno contributi dei fortunati stabili). la scelta per essi va dunque ponderata valutando le prospettive future singolarmente e il futuro del welfare italiano:

l’aumento della flessibilità nei rapporti di lavoro infatti ha portato i governi di tutta europa ad adottare sistemi efficienti di ammortizzamento sociale, come contributi di disoccupazione per quei lavoratori precari, che nell’attesa di un nuovo contratto di lavoro, occupino il proprio tempo nella formazione specialistica, lavori socialmente utili, etc. l’italia, ahinoi, è un po’ indietro in questo campo, ma non è detto che nei prossimi anni non segua l’esempio di spagna, danimarca e germania. questa eventualità, che darebbe maggiore sicurezza ai precari, li indirizzerebbe verso dei fondi integrativi pensionistici, ma d’altronde rimane sempre un’eventualità, conviene dunque ragionare su basi più solide e individuali.

se ad esempio si è da diverso tempo precari, ma l’opportunità di un lavoro stabile si comincia a far vedere è bene optare per un fondo pensionistico in modo da integrare con gli anni i contributi non versati (sottoversati) negli annipassati, se al contrario si è precari al momento e nella prospettiva futura, o maggiormente se si inizia a lavorare ora precariamente potrebbe essere bene optare per un fondo che permetta la disponibilità in cash di tutto il capitale, così da accumulare un piccolo capitale utile per poter vivere qualche mese nel malaugurato caso di trovarsi senza lavoro e nel caso cambino le prospettive di poterlo tramutare in un’assicurazione pensionistica.

fondi di categoria o privati?

la riforma permette di scegliere anche, indipendentemente dal tipo di fondo che si ritiene più adatto alle proprie prospettive, che a gestire il fondo sia un privato (banche, assicurazioni, etc) oppure che il fondo sia gestito tramite un accordo tra sindacati e associazioni delle imprese, dall’impresa stessa o dall’inps. la differenza non è sostanziale, l’inps, le imprese e i fondi di categoria maturano un interesse stabilito per legge, che non è alto, ma sicuro e allacciato all’inflazione, in pratica ci si guadagna poco, ma si ha la sicurezza di non rimetterci, le banche e gli altri istituti finanziari offrono una gamma di prodotti molto più vasta, in particolare offrono anche prodotti che potrebbero garantire interessi mediamente più elevati, ma in via generale, ad un maggiore potenzialità di guadagno corrisponde una maggiore possibilità di rischio.

una volta scelto se si vorrà maturare un capitale o una pensione integrativa, scegliere chi sarà a gestire il fondo è solo una questione personale di propensione al rischio, sapendo comunque che anche nel caso si scegliesse di far gestire il proprio tfr alla propria piccola o media impresa a garantire (per eventuali fallimenti) ci sarebbe l’inps come avvenuto fin’ora e che i grandi gruppi bancari, nei prodotti paragonabili al fondo dell’inps e ai fondi di categoria offrono anche paragonabili garanzie.

Qui la prima parte