Una Bce che resta guardinga, dunque, sugli effetti di secondo livello sui prezzi ed in particolare su eventuali rialzi salariali che venissero dalla stagione dei rinnovi a seguito degli aumenti subiti da prodotti energetici ed alimentari. E’ insomma tempo di stringere la cinghia e a pagare dovranno essere i lavoratori più che le aziende per evitare pericolose spirale inflazionistiche. Ma il banchiere centrale ha dovuto ammettere: l’inusuale incertezza dei mercati finanziari potrebbe avere contraccolpi sull’economia reale.
Così per quanto “il Consiglio direttivo continua nel suo impegno di prevenire gli effetti di secondo livello sull'inflazione e la concretizzazione di rischi al rialzo alla stabilità dei prezzi nel medio termine” non si è avuto più alcun accenno alla possibilità di futuri rialzi dei tassi in Eurolandia. Fondamentali solidi, insomma, non vuol dire essere insensibili alle intemperie che in queste settimane scuotono i listini e del resto l’esempio di Fed e BoE, per quanto indirettamente, è lì a dimostrare che si può anche decidere di agire rapidamente se poi la misura risulta efficace ed è recuperata con altrettanta decisione nel momento in cui i tassi saranno da alzare.
Il mercato sembra aver capito il cambio di tono e l’euro ha subito perso terreno contro il dollaro: se non vi saranno ulteriori rialzi, infatti, non ha molto senso scommettere su ulteriori indebolimenti a breve del biglietto verde.