4-Il nuovo concordato fallimentare

IL GIUDIZIO DI OMOLOGAZIONE E L’EFFICACIA DEL DECRETO - I POTERI DGLI ORGANI DELLA PROCEDURA.
In coerenza con il nuovo assetto dei rapporti fra gli organi preposti al fallimento il nuovo articolo 125 attribuisce al giudice delegato solo il compito di chiedere il parere del curatore e del comitato dei creditori, sottraendogli il potere di  valutare  la  convenienza,  anche  eventuale,  della  proposta che viene, invece,
sottoposta al giudizio dei creditori una volta che sia stato acquisito il parere favorevole, e vincolante,  del comitato dei creditori.

Al giudizio del tribunale è unicamente rimesso di verificare il corretto utilizzo dei criteri previsti dall’articolo 124 , secondo comma, lettere a) e b), nella sola ipotesi in cui la proposta contenga condizioni differenziate per singole classi di creditori, al fine di evitare suddivisione del ceto creditorio in classi strumentali all’omologazione del concordato.
Tale distribuzione di poteri e compiti evidenzia l’accentuata privatizzazione delle procedure concorsuali in cui il potere di veto, idoneo a impedire che la procedura prosegua, è ora attribuito, ai sensi del decreto correttivo n. 169/2007, al comitato dei creditori, e non più  al curatore come precedentemente previsto dal D.Lgs n. 5 del 2006.

E proprio sul potere di veto attribuito al curatore dal legislatore della riforma del 2006, il Tribunale di La Spezia, secondo un ragionamento del tutto condivisibile, ha ritenuto che  in caso di parere negativo del curatore sulla proposta di concordato fallimentare – dal 1 gennaio 2008 di competenza del comitato dei creditori - il giudice delegato, prima di emettere il decreto di arresto della procedura, deve effettuare un controllo sulla regolarità della stessa, senza entrare nel merito della convenienza, in modo da impedire che un eventuale errore o travisamento dei fatti da parte del curatore possa avere come effetto la sottrazione del potere di voto e di decisione per i creditori. Nel caso in cui il giudice delegato, prosegue il tribunale ligure, preso atto del parere negativo vincolante del curatore, rectius comitato dei creditori, sulla proposta di concordato fallimentare, dispone di non dare corso alla procedura, la decisione sarebbe comunque reclamabile ex art. 26 l. fall. ad opera dei soggetti legittimati.

Tale interpretazione si inserisce in quella corrente giurisprudenziale che attribuisce al giudice delegato, oltre il controllo di legittimità, il compito di verificare la completezza delle informazioni fornite dal curatore, onde consentire ai creditore una consapevole espressione del voto, essendo invece preclusa ogni valutazione    in    ordine    alla    convenienza    della    proposta   (Propende   per
l’impugnabilità ex art. 26 del decreto del giudice delegato di arresto del procedimento motivato con il parere sfavorevole del curatore Vitiello, Esame della proposta comunicazione ai creditori, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. Jorio e coordinato da M. Fabiani, Bologna, 2007, 1993; lo ritiene invece ricorribile ex art. 36 l.f. per violazione di legge, non avendo il giudice delegato alcun potere di superare il parere ostativo del curatore, Zanichelli, Il concordato fallimentare, in La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali,  Milano, 2008, 360; P. Bosticco, Il “nuovo corso” del concordato fallimentare, in Il Fallimento, 2008, 829, nota a Tribunale di Mantova, sez. II, 20 febbraio 2007, decr. Giud. Bernardi).

Come accennato il legislatore del decreto correttivo, riformulando il primo e secondo comma dell’articolo 125, ha attribuito il predetto potere di veto non più al curatore, che dovrà invece emettere un parere obbligatorio, ma non vincolante, bensì al comitato dei creditori, con ciò confermando quell’indirizzo privatistico della riforma che vuole privilegiare le esigenze privatistiche dei creditori rispetto a quelle di natura più pubblicistica.

 Appare senz’altro opportuno che il potere di veto sulla proposta di concordato venga esercitato secondo criteri di legalità, fondato sulla corretta percezione dei fatti e sia adeguatamente motivato, e che pertanto sia riconosciuto comunque al giudice delegato quel controllo di legalità a tutela degli stessi creditori, o di merito al tribunale in caso di reclamo o di opposizione ex articolo 129. (Tribunale di La Spezia, sez. Fall., ord., 5 luglio 2007 – Pres. E rel. Cardino; cfr. A. Cavalaglio, sub.art.129, in Commentario Jorio – Fabiani, Il nuovo diritto fallimentare, Bologna – Roma, 2006, II, 2015 - 2035).

Quanto al contenuto del parere del curatore esso è di natura complessa, dovendo riguardare l’ampia gamma delle opportunità consentite dalla formulazione del nuovo articolo 124, esprimendo quel giudizio di convenienza della proposta rispetto alla liquidazione dei beni; un parere che nel concordato preventivo è rappresentato dalla relazione concernente la fattibilità della proposta, rilasciata comunque da un professionista scelto dal debitore.

La mancata previsione di accompagnare la proposta di concordato fallimentare con una relazione di un esperto che ne attesti la fattibilità, sebbene le due procedure concordatarie possano avere identico contenuto, può trovare  una spiegazione nell’attribuzione al curatore, rectius al comitato dei creditori, di porre un veto, motivato, alla domanda di concordato. 
Nell’eventualità che la società fallita abbia emesso obbligazioni o strumenti finanziari, la comunicazione della proposta dovrà essere inviata agli organi che hanno il potere di convocare le rispettive assemblee, affinché possano esprimere il loro eventuale dissenso.   

Dalle comunicazioni decorrono i termini entro cui la proposta deve essere votata.
Nel medesimo provvedimento il giudice delegato fissa un termine non inferiore a venti giorni né superiore a trenta, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale eventuali dichiarazioni di dissenso.
Il concordato fallimentare, ai sensi del rinnovato articolo 128,  è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori (attraverso il mancato dissenso) che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto, mentre non rileva più alcuna maggioranza “per teste”.
Il vecchio art. 128 comma 1 l.f. richiedeva per l’approvazione del concordato la maggioranza numerica dei creditori aventi diritto al voto che  rappresenti almeno i due terzi della somma dei loro crediti.

Nel caso in cui siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se la maggioranza dei crediti ammessi si verifica nel maggior numero di classi.
In tale modo, il decreto correttivo chiarisce definitivamente  che il voto favorevole della maggioranza dei crediti ammessi al voto è sempre necessario per l’approvazione di qualsiasi tipo di concordato, anche quello che prevede la suddivisione dei creditori in classi.

La disciplina del diritto di voto è contenuta nell’articolo 127 e tiene conto della eventualità che la proposta sia presentata prima del deposito del decreto di esecutività dello stato passivo. In questo caso il primo comma dispone che hanno diritto di voto i creditori risultanti dall’elenco provvisorio predisposto dal curatore e approvato dal giudice delegato  ai sensi dell’articolo 124.

Nulla è innovato nel caso in cui la proposta  è presentata dopo il decreto di esecutività dello stato passivo.
Quanto ai creditori muniti di diritto di prelazione, la norma dispone che qualora il concordato preveda la loro soddisfazione non integrale, gli interessati alla falcidia sono equiparati ai creditori chirografari per la parte residua del credito e sono ammessi al voto proporzionalmente a tale misura. La norma precisa altresì che anche in caso di rinuncia, totale o parziale, alla prelazione, i creditori per la parte di credito non coperta dalla garanzia sono assimilati ai creditori chirografari  e che la rinuncia alla prelazione ha effetto ai soli fini del concordato.

Di peculiare rilievo è la novità introdotta - con la riforma del 2006 - nell’ultimo comma dell’articolo in esame che, derogando al principio generale di non riconoscere titolari del diritto di voto i cessionari di crediti successivamente alla dichiarazione di fallimento, attribuisce tale diritto in conseguenza di trasferimenti di siffatti crediti effettuati a favore di banche o altri intermediari finanziari.
L’articolo 127 deve, inoltre, essere coordinato con l’articolo 129, settimo comma, per il caso in cui la proposta di concordato non abbia trovato approvazione da parte di tutte le classi.
 
Come del resto già previsto nel concordato preventivo, vi è un recupero del potere di controllo del tribunale nel caso in cui un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesti la convenienza della proposta. Infatti, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili, quali la liquidazione fallimentare o, evidentemente, una diversa proposta concordataria che assicuri una migliore soddisfazione dei creditori.

È da notare come il decreto correttivo abbia ulteriormente ridotto il sindacato di merito del tribunale, circoscrivendolo ai soli crediti degli opponenti, escludendo invece i ceditori appartenenti alle classi dissenzienti.
Se la proposta è approvata, il giudice delegato dispone che il curatore ne dia immediata comunicazione al proponente, affinché richieda l’omologazione del concordato, al fallito ed ai creditori dissenzienti e viene stabilito un termine per la proposizione di eventuali opposizioni, anche da parte di qualsiasi altro interessato, e per il deposito da parte del comitato dei creditori di una relazione motivata col suo parere definitivo. Fino all’entrata in vigore del decreto correttivo il curatore era il soggetto deputato a redigere la relazione, a partire da gennaio lo sarà solo in caso di inerzia del comitato dei creditori.

Da questo punto abbiamo due procedure a seconda che siano state o meno proposte opposizioni.
Sarà di semplice omologazione,  nel caso in cui nel termine fissato non vengono proposte opposizioni. Il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione, omologherà il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame, emesso all’esito di un procedimento in camera di consiglio.

Al tribunale viene dunque affidato un controllo di mera legittimità che investe solo l’accertamento in ordine al corretto svolgimento delle operazione che hanno portato al voto la proposta concordataria, mentre non gli è consentito di sovrapporre le proprie valutazioni sulla manifestazione di voto della maggioranza. (secondo tale tesi, in tema di concordato preventivo, ma si ritiene possa estendersi anche al concordato fallimentare, il tribunale verifica d’ufficio la sussistenza di vizi della volontà delle parti, ivi compresa la completezza e correttezza della situazione presentata ai creditori, Trib. Monza 28 settembre 2005, in Il Fallimento, 2005, 1406; Tribunale di Ancona 13 ottobre 2005, ibidem, 1404; valutando anche se esista e permanga la fattibilita`, presupposto dell’accordo concordatario, Trib. Monza 16 ottobre 2005, in Giur. it., 2006, 562; propende per la tesi più restrittiva, ritenendo che solo gli opponenti possano sollecitare una verifica sulla sussistenza dei presupposti ammissibilità e della fattibilità del concordato G. Lo Cascio, Giudizio di ammissibilità e di omologazione
e crediti postergati, in Il Fallimento, 2006, 1423, il quale non manca, però, di esprimere perplessità in merito alla scelta di un concordato preventivo fondato sul principio di autotutela e non di eterotutela avendo da tempo la dottrina riconosciuto che ciò che ne giustifica l’approvazione non e` il consenso maggioritario dei creditori, ma la decisione del giudice in La nuova legge fallimentare: dal progetto di legge delega alla miniriforma per decreto legge, in Riv.
dir. proc., 2005, 361, spec. 362; G. Fauceglia, Incertezze valutative in tema di nuovo concordato preventivo tra risentimento dei Giudici ed incertezze del legislatore, in Dir. fall., 2006, II, 173.)
Il rito camerale, più snello e deformalizzato rispetto a quello ordinario, sarà applicato anche in caso di suddivisione dei creditori in classi , quando la proposta concordataria abbia riportato l’assenso di tutte le classi. 

Tuttavia se sono proposte opposizioni da parte dei creditori  il procedimento si svolge secondo il rito camerale, nel corso del quale il collegio, ovvero un suo componente, all’uopo delegato, assuma i mezzi di prova richiesti dalle parti, ovvero disposti d’ufficio.
La proposta di concordato diventa efficace dal momento in cui sono decorsi i termini per l’opposizione all’omologazione, o dal momento in cui si esauriscono le impugnazioni previste dall’art. 129 l.f.

Contro il decreto che omologa la proposta di concordato può essere proposto reclamo, ai sensi dell’articolo 131 l. fall., dinanzi al corte di appello, nel termine di trenta giorni dalla notificazione da farsi a cura della cancelleria, allo scopo di garantire da un lato il diritto di difesa dei soggetti legittimati al reclamo e dall’altro le esigenze di celerità nella definizione del giudizio. 

Il decreto pronunciato in camera di consiglio dalla Corte di appello può essere impugnato dinanzi alla Corte di Cassazione nel termine di trenta giorni dalla notificazione da farsi a cura della cancelleria. 

Con riferimento all’articolo 131 l.fall. il decreto correttivo ha riscritto la norma confermando la volontà del legislatore di rispettare, nell’utilizzare il rito camerale,  il  principio  del contraddittorio e del diritto di difesa, ma modellando il
procedimento di reclamo alla stregua di uno schema uniforme di “rito camerale fallimentare”. Esso infatti svolge un ruolo da paradigma anche per il reclamo avverso il decreto di annullamento del concordato fallimentare. 

IL NUOVO CONCORDATO FALLIMENTARE ALLA LUCE DEL D. LGS. N. 169/2007

30 Maggio 2008

a cura di Avv. Massimo Giuliano - http://www.commercialistatelematico.it

  1. Premessa
  2. LA NATURA GIURIDICA DEL CONCORDATO FALLIMENTARE
  3. I SOGGETTI LEGITTIMATI, LA DOMANDA E IL CONTENUTO DEL CONCORDATO
  4. IL GIUDIZIO DI OMOLOGAZIONE E L’EFFICACIA DEL DECRETO - I POTERI DGLI ORGANI DELLA PROCEDURA -
  5. EFFETTI DEL CONCORDATO FALLIMENTARE
  6. ESECUZIONE, RISOLUZIONE E ANNULLAMENTO DEL CONCORDATO