Dopo l’omologazione del concordato gli organi della procedura ai sensi dell’articolo 136, non decadono dalla loro funzione, ma restano in carica per sorvegliare l’adempimento del concordato secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione, e ciò in deroga al principio per il quale con la chiusura del fallimento cessano gli organi della procedura concorsuale.
Il fallito riacquista la disponibilità del suo patrimonio, nonché la capacità processuale attiva e passiva.
Accertata l’esecuzione del concordato, il giudice delegato ordina lo svincolo delle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia dell’adempimento.
Ove invece l’esecuzione non abbia luogo, perché le garanzie promesse non vengono costituite in conformità del concordato o il proponente non adempie regolarmente gli obblighi derivanti dal concordato, il tribunale, ai sensi dell’art. 137 l.f., lo dichiara risolto.
Il decreto correttivo è intervenuto anche su tale articolo riservando ai soli creditori la legittimazione a chiedere la risoluzione del concordato, eliminando, non si comprende per quale motivo, al comitato dei creditori e al curatore il potere di riferire al tribunale fatti rilevanti ai fini della risoluzione. Quanto alla modifica sulla legittimazione, la relazione illustrativa del decreto correttivo ne evidenzia la coerenza con l’impostazione di fondo della disciplina del concordato accolta dalla riforma e con la scelta di abolire, in linea di principio, l’iniziativa officiosa del tribunale.
Il ricorso deve comunque proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato.
Il nuovo quarto comma prevede inoltre che la pronuncia del tribunale con cui si risolve il concordato e si riapre il fallimento ha forma di sentenza. Il provvedimento è provvisoriamente esecutivo ed è sempre reclamabile ai sensi dell’art. 131.
Viene inoltre confermata la disposizione secondo cui la risoluzione del concordato non può essere pronunciata se gli obblighi sono stati assunti da un terzo con liberazione del debitore.
Il concordato è, invece, annullabile ai sensi dell’art. 138 l.f., su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio del debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo.
Il ricorso per l'annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato.
La sentenza – e non più il decreto - , in coerenza con l’articolo 137 , nonché con gli articoli 16 e 121 l. fall., che annulla o risolve il concordato, riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutivo. Essa è comunque reclamabile ai sensi dell’articolo 18, come la sentenza che dichiara il fallimento.
Avv. Massimo Giuliano - http://www.commercialistatelematico.it
30 Maggio 2008
a cura di Avv. Massimo Giuliano - http://www.commercialistatelematico.it